Non si può da una parte chiedere il rispetto dei diritti umani e dall’altra fare accordi con la Libia per esternalizzare le frontiere, con il rischio di ulteriori violazioni dei diritti umani nei campi di detenzione o di morti in mare. “È un atteggiamento dissociato e incomprensibile”. È questo, in sintesi, il pensiero espresso al Sir da Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi), dopo l’ennesimo naufragio nel Mediterraneo e le denunce di Sos Mediterranée, sbarcata oggi a Catania con 421 persone. L’Ong ha accusato di essere stata costretta, per quattro ore, a non intervenire per aspettare le motovedette libiche che hanno il compito di riportare indietro le persone, grazie agli accordi tra Italia e Libia. Nel frattempo i migranti, disperati, chiedevano aiuto rischiando di annegare. “Siamo di fronte ad una situazione dissociata – afferma in una intervista -. Sentiamo parlare alla Leopolda dell’imperativo dei diritti umani e di costruire dei corridoi umanitari sicuri ma al tempo stesso abbiamo il Codice di condotta delle Ong, abbiamo siglato accordi con la guardia costiera libica e una situazione disumana nei centri di detenzione in Libia. Come è possibile? Siamo al solito punto: c’è un imperativo umanitario e d’accoglienza e scelte dell’Europa e dei governi europei che tardano a venire. È evidente che i flussi sono ripresi e non si sarebbero fermati esternalizzando in questo modo le frontiere”. “Non si può da una parte chiedere il rispetto dei diritti umani e continuare così”, sottolinea Stilli, commentando poi la lettera pubblica di alcuni intellettuali, che hanno chiesto alle Ong italiane di disertare il bando per “migliorare le condizioni” dei campi di detenzione in Libia per non essere complici di politiche che violano i diritti umani. “C’è un dibattito in corso, è una situazione complessa – spiega -. Ci sono alcune Ong che si sono già espresse e non andranno in Libia. I fondi a disposizione certo non fanno pensare che le Ong che concorreranno lo faranno per i soldi, perché sono piccoli progetti di emergenza in una situazione di gravi rischi per la sicurezza e con gli occhi puntati addosso. Sicuramente c’è chi dice no in ogni caso; c’è chi dice sì perché fa una scelta etica e si vuole ‘sporcare le mani’ con la realtà; c’è chi dice che vorrebbe andare ma con i propri fondi e non con le modalità trattate dal governo italiano in quel contesto”. A suo avviso la soluzione migliore è “un’azione umanitaria con e sotto l’egida dell’Unhcr”.