“Senza trasmissione culturale non c’è futuro per una comunità”. Lo ha affermato questa mattina Pier Cesare Rivoltella, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, intervenendo al convegno “Storie fuori serie. Gli archivi storici ecclesiastici in una nuova prospettiva condivisa” in corso a Roma, presso l’Archivio Centrale dello Stato. “La trasmissione culturale non si può confondere con l’istruzionismo”, ha spiegato Rivoltella, sottolineando come “chiedersi in che modo gli archivi possano favorire uno sviluppo culturale e pastorale delle nostre comunità significa chiedersi come possano favorire la sopravvivenza delle stesse comunità e come possano rappresentare un supporto didattico per l’azione pastorale che cultura e identità cristiane intendono promuovere”. Gli archivi sono “un giacimento di informazioni, dati, contenuti, documenti” e compiono un “atto di sottrazione della memoria all’oblio”. Rivoltella ha parlato dell’archivio come “zona di controllo”, “un luogo in cui tenere al sicuro il deposito della cultura” ma anche uno “strumento di lavoro quotidiano delle comunità”. È poi “un sistema di erogazione di beni e servizi”, “un luogo in cui recarsi per prendere parte ad attività di formazione o per visitare mostre in cui i beni culturali conservati vengono esposti”. Il docente ha sottolineato come “il web stesso diviene uno spazio di esibizione in cui chi gestisce l’archivio prova ad immaginare i bisogni del visitatore e mette a disposizione quello che potrebbe servirgli”. “Da luoghi della tutela – ha aggiunto – gli archivi diventano luoghi della diffusione”. Rivoltella ha evidenziato la “nuova trasformazione degli archivi” perché “essi divengono veri catalizzatori di attività. Non è più l’archivio a mettere a disposizione un servizio, ma gli attori sociali, le persone, a intuire che attorno all’archivio o grazie ad esso è possibile ricostruire la comunità”. “L’archivio – ha spiegato – funziona come una tecnologia di comunità” perché è un “dispositivo attraverso il quale alla comunità viene dato di ricomporsi”. “Ricostruire la comunità – ha continuato – significa ripensarne i confini, renderli porosi, preparare l’accoglienza e l’inclusione”. Secondo Rivoltella, “l’archivio è in prima istanza una tecnologia di rappresentazione. Mette in forma il sapere di chi vi accede” e “rende accessibili le testimonianze del passato e della fede”. In secondo luogo, “l’archivio è una tecnologia di conoscenza. Mette in forma il sapere di chi vi accede attraverso la disponibilità della conoscenza che in esso è custodita”; in sostanza “l’archivio funziona come giacimento culturale”. Infine, “l’archivio funziona anche come tecnologia di collaborazione. Mette in forma il condividere” e per questo è una “tecnologia di comunità”. Dopo aver fatto cenno a come il portale Beweb implementa questi tre aspetti, il docente ha concluso che “pastoralmente, grazie alla logica di condivisione, è possibile immaginare che BeWeb si proponga come vera e propria tecnologia di comunità: un ambiente vivo in cui il bene o il documento diventano parte di un processo di attivazione o riattivazione delle comunità e, in definitiva, anche della Chiesa”.