Morte

Totò Riina: don Maffeis (Cei), “evitare funerali pubblici come segno di una comunità che educa alla legalità e alla giustizia e contrasta la mentalità mafiosa”

“Ci sono due motivi che orientano la Chiesa ad evitare i funerali pubblici di personaggi come Totò Riina. Da un lato, c’è la solidarietà: in primo luogo con le vittime, alcune delle quali sono dei simboli per il nostro Paese – penso a Falcone e Borsellino e a tanti magistrati, poliziotti e sacerdoti che hanno pagato con la vita la lotta alla mafia -, e anche con quella parte di società civile che sta reagendo grazie all’impegno, ad esempio, di Libera di don Luigi Ciotti e di tanti pastori, anche vescovi, come mons. Francesco Oliva e mons. Michele Pennisi. Dall’altro lato, c’è la volontà di camminare con la società, con i tanti pastori che hanno pagato o stanno pagando il loro porsi contro la mafia e che si impegnano a una presenza di Chiesa che educhi le coscienze a reagire a una mentalità mafiosa cambiando proprio cultura”. Lo spiega al Sir don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali e sottosegretario della Conferenza episcopale italiana (Cei), a proposito di possibili funerali pubblici del mafioso Totò Riina, morto stanotte. “Di fronte a una società e a una Chiesa che educa alla legalità e alla giustizia, i segni sono decisivi – chiarisce don Maffeis -. Quindi non ci sostituiamo al giudizio che è unicamente di Dio, però non possiamo agire in palese contraddizione con questo cammino di educazione delle coscienze”. Se, poi, “la famiglia desidera un momento religioso, sarà il vescovo a valutare l’opportunità pastorale e il coinvolgimento di un sacerdote per un momento di preghiera e un accompagnamento della salma”. Questo, sottolinea don Maffeis, “non è accanimento sulla persona, ma riguarda una comunità e una società che si danno la responsabilità di educare a giustizia e legalità e a contrastare la mentalità mafiosa anche attraverso i segni”. Con funerali pubblici “si creerebbe confusione e ci si esporrebbe anche a una strumentalizzazione. In questo modo non ci sarebbe più spazio per la preghiera in quanto tale”.