A un mese dall’inaugurazione della prima “Aid station” a Shamlapur in Bangladesh, l’Ong Moas (Migrants offshore aid station) ha aperto una seconda unità di soccorso medico a Unchiprang. Il centro garantirà l’assistenza medica di cui c’è bisogno fra i rifugiati Rohingya nei campi vicino la riserva di Teknaf e nella comunità bengalese che li ospita, con particolare attenzione per le donne incinte le neo-mamme e i bambini. A causa della sua posizione isolata e immersa nella giungla, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha recentemente indicato Unchiprang come un luogo molto difficile, che necessita aiuti urgenti. A oggi, solo poche organizzazioni umanitarie hanno potuto accedere all’area a causa delle condizioni del terreno scosceso e spesso impraticabile, dove molti rifugiati muoiono a causa degli elefanti che li travolgono. Viste le terribili condizioni negli accampamenti, questa seconda Aid station è dotata di tende mediche all’avanguardia e di sistemi elettrici e idrici indipendenti. Moas ha reclutato un team di dottori e infermiere che forniranno servizi medici primari e secondari, con particolare attenzione all’elevato tasso di malnutrizione fra i bambini e fra i soggetti a rischio. La clinica può contare anche su un’attrezzatura d’avanguardia per la diagnostica donata dalla Comunità di Sant’Egidio. Seguendo il modello già sperimentato con la prima Aid station in Shamlapur, il centro medico di Unchiprang avrà un pronto soccorso e una farmacia aperti a tutti per cure e medicine. La sala parto, gestita da una levatrice e da un ginecologo, può diventare una sala operatoria quando necessario, per traumi e operazioni minori. Le Aid stations possono curare fino a 300 pazienti al giorno, garantendo un’assistenza medica di qualità in luoghi dove mancano le strutture di base. “Si tratta della struttura medica più avanzata di quest’area”, afferma Christopher Catrambone, fondatore Moas, “ci permette di somministrare cure efficaci e di intraprendere interventi umanitari dove maggiormente necessari”.