(dall’inviata a Cagliari) “Ogni step di civiltà comporta il valicare di un limite. Il problema è la frattura tra il limite ed il bene; tra la difesa della salute individuale e la ‘salute’ della fraternità; tra la tecnologia e la fragilità umana che insieme alla mano di un robot di ultima generazione, che l’aiuti a far le scale, ha bisogno di una mano che gli passi, ogni tanto, anche sulle spalle”. Nella meditazione biblica con cui ha aperto la terza giornata della Settimana sociale di Cagliari, la biblista Rosanna Virgili ha tradotto così il dilemma del rapporto umano con la tecnologia applicata al lavoro. La “tentazione”, ha spiegato, è di “rendere il lavoro teatro di un gioco finalizzato all’idolo del potere, del denaro, del mercato, della grandezza di uno solo, o di pochi, o di un popolo diverso e separato dagli altri”. “In una simile trappola cadono facilmente le menti umane e fioriscono mostri, che trasformano le persone da fine in mezzi, gettate via – messe in mobilità! – quando non servono più”, ha denunciato: “si stabiliscano sistemi di corruzione, quali cellule tumorali che infettano e si appropriano della giustizia e della vita della gente. Allora si fanno guerre per dare lavoro alle fabbriche di armi. Allora i governanti si fanno ‘complici di ladri’ prendendo regali e incassando bustarelle”. Politica e lavoro, in altre parole, “sono intimamente legate: il bene della ‘famiglia’ comune dovrebbe essere lo scopo del lavoro di ognuno. Nel vuoto di una politica vera per il lavoro, esplode il potere delle mafie, delle agenzie di usura di ogni sorta – banche comprese; delle chiusure dei confini ai migranti che – come accadde al Faraone d’Egitto – sono diventati un incubo”. Di qui la necessità di “stabilire una chiara gerarchia tra i beni materiali e il corpo. Che equivarrebbe oggi a dire: tra l’essere cittadini e l’essere consumatori; che l’essere umano ha uno stomaco, ma non è uno stomaco. Non è soltanto un mero soggetto o oggetto di bisogni materiali, ma un soggetto spirituale, fatto cioè per la relazione”.