“Il dialogo tra cattolici e protestanti può trovare un campo di collaborazione nel recuperare una visione comune sulla dignità del lavoro umano. Si potrebbero così contrastare gli influssi disumanizzanti presenti negli ambiti lavorativi, specialmente a causa della perdita di libertà, creatività e responsabilità che può provocare ad esempio la tecnologia”. È stata questa una delle proposte del convegno “Quale anima per il lavoro professionale?”, che si celebra nella Pontificia Università della Santa Croce nel V centenario della Riforma protestante e nel primo della Rivoluzione bolscevica, come si legge in una nota diffusa dalla medesima Università. Per il filosofo e teologo Jens Zimmermann, della Trinity Western University (Canada), prosegue la nota, “bisogna negare il luogo comune che vede la Riforma di Lutero come la consacrazione del capitalismo e trovare la connessione della sua teologia con la dottrina sociale della Chiesa”.
Nel suo messaggio ai partecipanti, ricorda la nota, Papa Francesco esprime il desiderio che la “riflessione sull’idea cristiana del lavoro professionale aiuti a considerare qualsiasi tipo di occupazione come luogo di maturazione, sviluppo umano e realizzazione personale”.
“Il fatto è che la teologia del lavoro è stata assente dalla riflessione cattolica per quasi venti secoli”, come ha costatato Brad S. Gregory, dell’University of Notre Dame (Usa). Soltanto dal Concilio Vaticano II, “la Chiesa cattolica ha riconosciuto esplicitamente che tutti i cristiani sono chiamati alla santità nell’esercizio del proprio lavoro, un’idea anticipata qualche decade prima da alcuni precursori come san Josemaría Escrivá”. Lo storico statunitense ha suggerito anche che “la moderna dottrina sociale della Chiesa è nata non tanto dalla considerazione della vita di lavoro di Gesù, ma in vista dei cambiamenti portati con sé dalla rivoluzione industriale: mutamenti tecnologici, concentrazione della nuova ricchezza in poche mani, situazione di sfruttamento dei lavoratori”.
Il primo centenario della Rivoluzione russa offre l’occasione per fare il confronto tra la visione del lavoro del marxismo e del cristianesimo. Per Benedetta Giovanola, dell’Università di Macerata, riporta la nota, “nei testi originali di Marx emerge una visione del lavoro che va al di là della considerazione puramente materialistica dell’uomo”. Infatti, “il lavoro, nell’ottica di Marx, non è un’azione esclusivamente produttiva, e neppure un’azione strumentale; è orientato alla realizzazione della persona e va collocato all’interno di strutture sociali”. Un’impostazione che non cancella comunque le differenze con la visione cristiana. Una di queste è che Marx vede il lavoro come “momento di appropriazione, da parte dell’uomo, della natura”, mentre “il cristianesimo ci ricorda che la natura è la nostra casa comune: il lavoro deve esprimere una dimensione di rispetto non soltanto per l’uomo ma anche per la natura, come dimensione del bene comune”.