
“L’istintivo orrore del morire svela la necessità di sperare nel Dio della vita”. Lo ha spiegato il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi ha narrato l’episodio di Giona e la “tremenda tempesta”, durante la quale “Giona scende nella stiva della nave e si abbandona al sonno”. “I marinai invece, vedendosi perduti, invocarono ciascuno il proprio dio”, ha ricordato Francesco sulla scorta del racconto biblico: “Il capitano della nave sveglia Giona dicendogli: ‘Che cosa fai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo’”. “La reazione di questi pagani è la giusta reazione davanti alla morte – il commento del Papa – perché è allora che l’uomo fa completa esperienza della propria fragilità e del proprio bisogno di salvezza”. “Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo”: sono queste, per Francesco, “le parole della speranza che diventa preghiera, quella supplica colma di angoscia che sale alle labbra dell’uomo davanti a un imminente pericolo di morte”. “Troppo facilmente noi disdegniamo il rivolgerci a Dio nel bisogno come se fosse solo una preghiera interessata, e perciò imperfetta”, ha ammonito il Papa: “Ma Dio conosce la nostra debolezza, sa che ci ricordiamo di Lui per chiedere aiuto, e con il sorriso indulgente di un padre Dio risponde benevolmente”.