(dall’inviata Sir a Migramed) Se l’Austria chiuderà le frontiere in caso di nuovi flussi di profughi dalla rotta balcanica – che potrebbero lasciare i campi in Turchia e Grecia e passare poi attraverso Macedonia e Croazia – anche la Slovenia è pronta a fare lo stesso. In questo stesso periodo, nel settembre 2015, iniziava l’emergenza migranti, con mezzo milione di persone in fuga che in tre mesi hanno transitato attraverso la Slovenia verso il Nord Europa. In una sola giornata di ottobre ne sono entrati 16.000. Caritas Slovenia, insieme alle altre organizzazioni umanitarie, è fortemente critica riguardo alla decisione del governo sloveno e ha mandato una lettera per chiedere un confronto con il ministero dell’Interno, con cui collabora insieme alla Protezione civile e altre Ong nelle varie emergenze. È quanto emerso oggi a Lubiana, durante l’incontro tra Caritas Slovenia e i partecipanti al Migramed 2016 promosso da Caritas italiana, la study-visit in corso dal 20 al 23 settembre per conoscere la situazione alle frontiere tra Italia, Austria e Slovenia. Attualmente la Slovenia, con una popolazione di 2 milioni di abitanti, accoglie 300 richiedenti asilo e altri 80 rifugiati sono stati inviati nell’ambito del piano di “relocation” dell’Unione europea. Eppure, nonostante la buona cooperazione tra governo e organizzazioni umanitarie, “non c’è una vera volontà politica di accettare i rifugiati”, ha precisato Danilo Jesenik, di Caritas Slovenia: “Noi siamo pronti ad intervenire di nuovo se servirà, ma abbiamo risorse limitate, sia finanziarie, sia umane”. A Caritas Slovenia lavorano solo 12 persone e non ricevono fondi dalla Chiesa slovena. Tutte le attività provengono da campagne di raccolte fondi e donazioni varie. Si avvalgono però di centinaia di volontari, un migliaio lo scorso anno che si sono coinvolti nell’emergenza migranti. In quell’occasione hanno collaborato nella distribuzione di cibo, tende e indumenti nei vari centri allestiti dal governo tramite la Protezione civile.