Papa Francesco: ai vescovi polacchi, “concretezza e vicinanza” contro la scristianizzazione

“La scristianizzazione, la secolarizzazione del mondo moderno è forte. È molto forte. Ma qualcuno dice: Sì, è forte ma si vedono fenomeni di religiosità, come se il senso religioso si svegliasse. E questo può essere anche un pericolo. Credo che noi, in questo mondo così secolarizzato, abbiamo anche l’altro pericolo, della spiritualizzazione gnostica: questa secolarizzazione ci dà la possibilità di far crescere una vita spirituale un po’ gnostica”. Lo ha detto il Papa ai vescovi polacchi, nel corso dell’incontro che si è tenuto il 27 luglio durante la Gmg. Il contenuto del dialogo è stato diffuso oggi dalla Sala stampa della Santa Sede. Rispondendo alla domanda di monsignor Marek Jędraszewski, arcivescovo di Łódź, Francesco ha ricordato che lo gnosticismo “è stata la prima eresia della Chiesa” ma c’è anche “un’altra eresia che è pure di moda”, ovvero il pelagianesimo. Per il Papa, il rischio è “un Dio senza Cristo, un popolo senza Chiesa”: “Una Chiesa orfana: lo gnosticismo di oggi, poiché è proprio una scristianizzazione, senza Cristo, ci porta a una Chiesa, diciamo meglio, a dei cristiani, a un popolo orfano. E noi dobbiamo far sentire questo al nostro popolo”. Il suggerimento di Francesco per rispondere alla scristianizzazione è la “vicinanza” da parte di vescovi, sacerdoti, consacrati e laici convinti: “Dobbiamo essere vicini al popolo di Dio. Senza vicinanza c’è soltanto parola senza carne”. A riguardo, il Santo Padre cita i “due pilastri del Vangelo”, le Beatitudini e Matteo 25, dove si apprende il “protocollo” con cui tutti saranno giudicati: “Concretezza. Vicinanza. Toccare”. Parlando ai vescovi di vicinanza, ha aggiunto, “io credo che devo parlare della vicinanza più importante: quella con i sacerdoti. Il vescovo deve essere disponibile per i suoi sacerdoti”.

È importante anche la vicinanza con i giovani: “Io ho conosciuto, da ragazzo, alcuni preti: era un tempo in cui il confessionale era più frequentato di adesso, passavano ore ascoltando, o li ricevevano nell’ufficio parrocchiale, ad ascoltare le stesse cose… ma con pazienza”. Infine i nonni, che “hanno la memoria di un popolo, hanno la memoria della fede, la memoria della Chiesa. Non scartare i nonni! In questa cultura dello scarto, che è appunto scristianizzata, si scarta quello che non serve, che non va. No! I nonni sono la memoria del popolo, sono la memoria della fede. E collegare i giovani con i nonni: anche questo è vicinanza. Essere vicini e creare vicinanza. Risponderei così a questa domanda. Non ci sono ricette, ma dobbiamo scendere in campo. Se aspettiamo che suoni la chiamata o che bussino alla porta… No. Dobbiamo uscire a cercare, come il pastore, che va a cercare gli smarriti”.

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