
“Il termine ‘riforma’, tanto ieri con Paolo VI, quanto oggi con Francesco, va inteso nel senso di un riordino, di un miglioramento e adattamento alle res novae. Non come il ripristino di un’ideale situazione iniziale, che nel caso della Curia romana sarebbe se non altro problematico da individuare”. È quanto scrive monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del “C9”, in un articolo pubblicato da “L’Osservatore Romano” (11 agosto 2016) nel quale commenta il contenuto del volume “Paolo VI e la Curia Romana”, curato da monsignor Leonardo Sapienza per Edizioni VivereIn. Facendo riferimento alla costituzione apostolica “Regimini ecclesiae universae” di Paolo VI e al chirografo del 30 settembre 2013 di Papa Francesco – quello che istituisce un Consiglio di cardinali – Semeraro nota che “a ben vedere né la costituzione di Montini, né il chirografo di Bergoglio fanno ricorso alla parola ‘riforma’”. “La prima – prosegue – impiega l’espressione latina nova ordinatio (“nuovo ordinamento”) usata dal decreto conciliare Christus dominus; il secondo, dove l’originale è in lingua italiana, adopera il termine ‘revisione'”. “Di ‘riforma’ della Curia romana, però, Paolo VI parla testualmente nel discorso del 18 novembre 1965 per la penultima sessione del Concilio Vaticano II”: nel testo in italiano, Montini infatti scrive che “studi per la riforma della Curia Romana sono stati promossi”. “L’obiettivo della sua riforma curiale – nota Semeraro – fu quello di un governo ‘coerente, efficace e pastorale’, come scrisse il cardinale François Marty spiegando con tre parole chiave le intenzioni di fondo: aggiornamento, con l’eliminazione di quanto era caduco e la creazione di nuovi organismi più adatti alle mutate circostanze; riordino, con la promozione di un efficace coordinamento e una internazionalizzazione della Curia; in ultimo, ma non meno importante, c’è la dimensione ministeriale, cioè di servizio”. Appare chiaro che “Montini pensa non a un apparato burocratico amministrativo, ma a una comunità di servizio; per di più non rivolto soltanto all’interno della Chiesa, ma con lo sguardo al mondo intero”, osserva il segretario del C9.