Ai Giochi olimpici in Brasile, spicca la partecipazione di dieci atleti nati in Africa e in Medio Oriente, ma poi fuggiti all’estero. Sotto la bandiera a cinque cerchi, gareggeranno in diverse discipline tra atletica, arti marziali e nuoto. La loro storia viene raccontata da Alessandro Bettero nel numero di luglio-agosto del “Messaggero di Sant’Antonio”. “Dopo un’accurata selezione di numerosi candidati – spiega Bettero – è stata individuata una decina di atleti che avrà anche il privilegio di sfilare alla cerimonia inaugurale dei Giochi, perfino prima del Brasile, Paese ospitante”. Il “Refugee Olympic Team, in grado di rappresentare idealmente e trasversalmente tutti quei Paesi i cui atleti di ogni disciplina non hanno trovato le condizioni sociali e politiche per poter gareggiare”, sarà “una piccola ‘nazionale’ a tutti gli effetti”. Sarà formata da Yiech Pur Biel, 21 anni, “fuggito nel 2005 dal Sud Sudan prima di trovare rifugio nell’immenso campo profughi di Kakuma, in Kenya”. A Rio correrà gli 800 metri, come farà, nella gara femminile, anche la ventitreenne Rose Nathike Lokonyen “sfuggita alla cattura dei militari in Sud Sudan, e anch’essa proveniente da Kakuma”. “Sogno di polverizzare il record del mondo, e di vincere la medaglia d’oro nella gara dei 1.500 metri”, è invece l’ambizione di Paulo Amotun Lokoro, 24 anni, “anch’egli scappato dal Sud Sudan”. Stessa gara e provenienza anche per Anjelina Nadai Lohalith, che “se n’è andata dal suo Paese all’età di 8 anni. Oggi ne ha 21”. James Nyang Chiengjiek, 28 anni, “è il quinto componente della nutrita rappresentanza dei fuoriusciti dal Sud Sudan. A Rio correrà i 400 metri”. C’è poi il maratoneta etiope Yonas Kinde, 36 anni, che “vive in Lussemburgo dal 2012”. Popole Misenga, 24 anni, e Yolande Mabika, 28, provengono invece dalla Repubblica Democratica del Congo. “Vivono in Brasile da tre anni” e a Rio affronteranno le gare di judo. Infine “la Siria si presenta con due talenti del nuoto: Yusra Mardini e Rami Anis”. La prima “ha iniziato una nuova vita a Berlino” mentre il secondo “oggi vive vicino a Gand, in Belgio”. Con la “squadra dei rifugiati”, per Bettero “la trentunesima edizione delle Olimpiadi sembra aver ritrovato il suo spirito originario e più genuino. E sarà certamente ricordata per l’impegno concreto profuso a favore dei rifugiati, almeno in forma simbolica”.