
“Le famiglie cristiane albanesi ci donano un messaggio di speranza, alternativo alle culture dominanti. In questi luoghi non c’era più nulla, ma è rimasta solo la famiglia come baluardo della fede, che ha mantenuto viva questa fiamma”. È quanto afferma l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, in un’intervista pubblicata da “La Voce del Tempo” sul recente viaggio alla scoperta della Chiesa albanese compiuto con i confratelli vescovi del Piemonte. La delegazione, guidata da Nosiglia, era formata dai vescovi Marco Arnolfo (Vercelli), Marco Brunetti (Alba), Piero Delbosco (Cuneo-Fossano), Guido Gallese (Alessandria), Giuseppe Guerrini (Saluzzo), Gabriele Mana (Biella), Luciano Pacomio (Mondovì), Francesco Guido Ravinal (Asti) e gli emeriti Giuseppe Anfossi, Luigi Bettazzi, Giuseppe Cavallotto e Guido Fiandino. “Siamo stati in particolare nella diocesi di Scutari, nel territorio delle diocesi del nord del Paese”, spiega Nosiglia. “In queste zone – prosegue – i cristiani sono più generosi rispetto al centro e al sud e vantano una tradizione secolare radicata nella storia e quindi hanno saputo resistere ad una persecuzione violenta”. Per l’arcivescovo di Torino, quella albanese “è una Chiesa in rapida espansione ma che ha bisogno di tutti gli aiuti possibili, anche e soprattutto provenienti dal nostro Paese”. “C’è un buon clima di dialogo e di sostegno reciproco tra le religioni”, aggiunge Nosiglia, secondo cui “non esiste alcun tipo di fondamentalismo”. “Nessuna ideologia per quanto potente e suadente può distruggere la fede – osserva l’arcivescovo – nonostante questi 45 anni di persecuzione la famiglia ha permesso di mantenere la tradizione religiosa”. “Forse – conclude Nosiglia – è per questo che nelle culture dell’occidente tentano di scardinare questa realtà”.