Patroni

Diocesi: mons. Cantafora (Lamezia Terme), come Sant’Antonio “accrescere il bene”

“Beato chi tra noi sa guardare il fratello e la sorella e non chiude gli occhi di fronte al male e all’ingiustizia”. Lo ha detto ieri sera, al termine della processione di Sant’Antonio, patrono di Lamezia Terme, il vescovo, monsignor Luigi Cantafora, rivolgendo un saluto alla città. Il presule, parlando del Santo di Padova come “il predicatore” che “amava e, con coerenza, difendeva i poveri e gli umili”, ha sottolineato che è “giusta” ed è “bella la devozione al Santo, ma non inganniamoci: questa devozione è anche molto esigente!”. Sant’Antonio è il “patrono di chi non ha patrono, il protettore di chi non ha protezione, ovvero i poveri, i deboli e gli indifesi”, ha detto monsignor Cantofora: per questo davanti “al nostro Santo non possono trovare posto coloro che sono indifferenti verso gli ultimi, che approfittano dei poveri, che li sfruttano, che abusano della loro situazione di indigenza!”, come succede con i giovani: “C’è chi sfrutta il loro desiderio di futuro! C’è chi sfrutta il loro lavoro, negando loro perfino i diritti più elementari! C’è chi sfrutta i loro bisogni impellenti, li ricatta e annebbia la loro onestà, assoldandoli nella lotta tra le cosche e contro ogni legittima autorità. C’è chi sfrutta il loro bisogno di lavoro e di giustizia per condurli su vie ingannevolmente facili, ma corrotte e violente, senza pace e senza cuore, devastatrici di sé stessi e degli altri. Quando la mafia mette le sue mani sui giovani, dobbiamo reagire”, è il monito del presule lametino che ha invitato a essere uniti per il bene della città impegnandosi “ad accrescere il bene, vincendo le pretese individuali”. Questo è “necessario” perché – ha spiegato – mentre “inseguiamo gli interessi di parte, rischiamo di perdere le fasce più deboli ed esposte della nostra città”. Se la fede “non ci fa vedere i poveri” e “non fa nascere in noi l’indignazione verso l’ingiustizia – ha poi concluso – non è fede cristiana”.