Appello del Papa

Parrocchie aperte: don De Checchi (Piove di Sacco-Padova), “richiesta una conversione comunitaria e valorizzare i laici”

“Il Papa parla di chiese con le porte aperte, e ha ragione. Ma credo che ci sia anche qualcosa di più profondo, un invito a una conversione pastorale e ad essere una Chiesa accogliente, al servizio delle persone”. Don Giorgio De Checchi è parroco di Sant’Anna di Piove di Sacco (Padova), ed è “moderatore” dell’unità pastorale di Piove di Sacco, con cinque parrocchie. Riflette – sollecitato dal Sir – sulle parole espresse ieri da Francesco durante il Giubileo dei diaconi. “Le nostre chiese sono aperte dalle 7 alle 19.30 circa. In questo periodo anche oltre, fin verso le 21, per i rosari del mese mariano. In paese abbiamo anche una cappella per l’Adorazione che rimane aperta dalle 8 del mattino fino alle 20”. E la segreteria parrocchiale? “Cerchiamo di essere disponibili, con dei volontari, sia al mattino che durante il pomeriggio. Il sacerdote non può essere sempre presente, ovviamente, ma ci sono questi preziosi collaboratori” che svolgono un servizio puntuale. “Per rispondere ad altri tipi di necessità c’è inoltre il Centro di ascolto della Caritas che accoglie le persone”. Don De Checchi aggiunge: “Io credo che le nostre siano parrocchie abbastanza accessibili e il desiderio di Papa Francesco è anche il nostro e cerchiamo di rispondere con le forze che abbiamo”. Ma, puntualizza, “il Papa anche in questa occasione ci chiede di più. Lì parlava ai diaconi, ma tutti insieme”, ministri e laici, devono collaborare, perché “in questo caso l’intera comunità diventa più accogliente, disponibile per rispondere alle domande” delle persone.

Ma chi bussa alle vostre porte? “C’è chi ha un problema serio da risolvere, chi ha solo voglia di sfogarsi, chi ha problemi economici o situazioni familiari pesanti. Per questo il Papa parla di comunità accoglienti e di Chiesa ‘ospedale da campo’”. Una Chiesa in uscita? “Certamente. Occorre fra l’altro evitare l’autoreferenzialità in cui a volte cadiamo”. Ma si tratta pure di declericalizzare le comunità? “Esatto, e questo lo si fa valorizzando la presenza dei laici, oltre che dei diaconi. E, un domani, forse anche delle diaconesse”. Ancora una annotazione di don Giorgio De Checchi: “Vedo il prete come animatore della comunità che collabora con tutti. È un passo non da poco, anche perché richiede a noi preti una conversione, dato che siamo stati abituati, dal seminario in poi, a essere l’unico referente della comunità. Ma i tempi cambiano…”.