“In Italia c’è una disattenzione all’istruzione, un grave blocco intergenerazionale e una concezione rigidamente ideologica della questione scuola”, così Mauro Magatti, sociologo all’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano intervenendo oggi pomeriggio al convegno nazionale degli Uffici diocesani scuola, Irc, università, in corso a Salerno fino al 13 aprile. “Solo l’8,2% della spesa nazionale è infatti destinato all’educazione e alla cultura delle generazioni future, meno di un terzo di quel che viene speso per le pensioni d’anzianità- denuncia Magatti -. Solo la Grecia, tra tutti i Paesi europei, investe meno nella scuola: persino la Romania (8,4%), l’Ungheria (9,9%) e la Bulgaria (9,7%) ci mettono più soldi, per non parlare delle repubbliche baltiche, che viaggiano su percentuali che superano addirittura il 15%”. A questo, aggiunge il sociologo, si aggiunge il problema dell’istruzione superiore: “siamo l’unico Paese europeo (tra quelli i cui dati sono disponibili) che vi investe meno dell’1% sul totale della spesa nazionale. E gli effetti di queste scelte si vedono sugli anni di istruzioni medi della popolazione italiana”. Per queste ragioni “il Paese sembra non aver più futuro”, patisce un “tradimento di concretezza” tra una “percentuale troppo bassa di laureati”, “discipline sbagliate”, “insegnanti scoraggiati” e una percentuale di neet (giovani che né studiano né lavorano) “oltre il 20%”. Magatti denuncia l’ “inadeguatezza” e lo “smarrimento” del mondo cattolico di fronte a queste criticità. I rimedi, conclude il sociologo risiedono nel lavorare “alla rete dell’inclusione”, per essere “cristiani nel mondo globale”. E’ sempre più necessario costruire “ponti e non muri”, applicando “misericordia e non giudizio”.