20 documenti scambiati, 271 messaggi, varie telefonate, 4-5 incontri. È lo “scambio di informazioni” tra monsignor Lucio Vallejo Balda ed Emanuele Fittipaldi, di cui ha parlato quest’ultimo durante il suo interrogatorio al processo “Vatileaks 2”. “Come giornalista italiano sono vincolato a segreto professionale, rispondo solo perché Vallejo ha ammesso di essere stato una mia fonte”, ha esordito Fittipaldi, spiegando al pm che di questi 20 documenti scambiati ne ha usato solo uno, perché “gli altri 19 erano di pochissimo interesse giornalistico”. “Se fossero stati di interesse pubblico li avrei pubblicati”, ha proseguito, sostenendo che “compito del giornalista è pubblicare quello che le istituzioni non vogliono si pubblichi”. I documenti in questione, citati in sette righe in tutto nel suo libro “Avarizia”, sono una lettera sul cardinale Pell e un lettera dello Ior che accompagnava il bilancio pubblico. In altri scambi su whatsapp tra Fittipaldi e Vallejo si citano le cause dei santi e i soldi dell’Apsa. Il 4 luglio del 2015 Vallejo manda a Fittipaldi un whatsapp in cui dice: “Questo è il gruppo per cui lavora la nostra amica”. “Lo so”, risponde Fittipaldi. “E’ pericoloso”, incalza Vallejo. “Lo so, anche Nuzzi ci lavora”, risponde Fittipaldi, precisando però di non aver mai aperto il link relativo a questa conversazione, in cui tra l’altro Vallejo si diceva “preoccupato” per “i rapporti che Francesca Chaouqui aveva con Bisignani”. “Quando si vuole tenere buona una fonte si asseconda la fonte”, ha dichiarato Fittipaldi, precisando di aver lavorato al libro “Avarizia” dalla metà del 2014 e di scrivere “da moltissimo tempo libri sulle finanze del Vaticano”. Vallejo e la Chaouqui li ha conosciuti durante “un famoso aperitivo” su una terrazza in Vaticano, “c’era anche il cardinale Versaldi”, durante la doppia canonizzazione di Giovanni Paolo II e Paolo VI. Alla fine dell’udienza di oggi, alle 16.30 circa, Francesca Chaouqui è uscita piuttosto velocemente fuori dall’aula poco prima della fine dell’interrogatorio di Fittipaldi e subito sono arrivati dei medici e un’ambulanza. La Chaouqui, incinta al settimo mese di gravidanza, è rientrata per l’ultimo scorcio dell’udienza. I medici le hanno chiesto certificati medici e cartelle cliniche: “Loro volevano ricoverarmi ma io non ho voluto, volevo rimanere, ascoltare e difendermi”, ha spiegato l’imputata. L’udienza è stata aggiornata a venerdì 15.30, a meno che “non intervengano impedimenti”.