Erano passati pochi minuti da quando il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk aveva pubblicato la lettera sul referendum inglese per la permanenza o meno nell’Ue, e già commentatori e politici euroscettici britannici protestavano perché il premier non aveva ottenuto abbastanza. La strada del Regno Unito per rimanere in Europa è tutta in salita ed è fatta, per il momento, di profonda insoddisfazione per quello che David Cameron è riuscito a negoziare. “Emergency brake”, “red car system” e sussidi per i figli, inviati nel Paese di origine del lavoratore, questi i punti del documento meno graditi dagli euroscettici. Particolarmente scontenti perché il premier ha fatto marcia indietro sulla promessa di interrompere la pratica di rimandare i “child benefit” nel Paese di origine che continuerà anche se i sussidi saranno legati, da ora in poi, al costo della vita del Paese che li riceve. Scontenti gli euroscettici anche della “red card”, che comporterebbe una maggioranza del 55% dei parlamenti nazionali per ottenere un cambiamento significativo della legislazione europea. Una maggioranza troppo alta, secondo molti, e troppo difficile da raggiungere. Né è chiaro come funzionerà, quando e quanto durerà l’“emergency brake”, che permetterà a uno Stato, con l’accordo degli altri Paesi, di tagliare i sussidi ai lavoratori che arrivano dall’Unione, per i primi quattro anni, se riesce a dimostrare che i propri servizi pubblici si trovano in condizioni di difficoltà.