“L’attuale clima culturale è più propenso a livellare le differenze che a armonizzarle, a globalizzare piuttosto che a comporre”. A lanciare il grido d’allarme è stato, stasera, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, aprendo i “martedì” della Pontificia Università Gregoriana. “La logica del confronto, tanto rivendicata negli slogan della politica e dei talk-show – ha proseguito – si riduce spesso a un semplice rimescolamento delle prospettive, a un appiattimento di voci e differenze da cui è possibile desumere soltanto due cose: l’autoreferenzialità del singolo, sempre più solo e abbandonato a sé, e la frammentazione del vissuto, mancante di mappe e principi guida”. “Tutto sembra liquefarsi in un brodo di equivalenze”, l’analisi del vescovo, tanto che si diffonde “la convinzione che non si possa neppure dire cosa significhi essere uomo o donna”. “Nessun criterio condiviso, per orientare le scelte pubbliche e private, sembra resistere e tutto si riduce all’arbitrio delle contingenze”, la denuncia di Galantino: “Esistono solo situazioni, bisogni ed esperienze nelle quali siamo implicati: schegge di tempo e di vita, spezzoni di relazioni da gestire e da tenere insieme unicamente con la volontà o la capacità organizzativa del singolo, finché ce la fa”. “Proprio laddove la contemporaneità sembra sfuggire a un impegno di sintesi – ha fatto notare il segretario generale della Cei – la fede cristiana si getta nella mischia, spendendosi per una globalità non livellante, superando barriere e cercando di incontrare quelle ‘periferie’ dell’umano che proprio una certa modernità ha messo al bando, investendo tempo e risorse non alla cieca, ma con il preciso intento di ricomporre in armonia, senza schiacciarle, tutte le differenze”.