
“Noi parliamo molto, in Europa, di ‘emergenza immigrazione’. Ma ciò che noi chiamiamo ‘emergenza’ non è paragonabile in alcun modo alla sfida e all’impegno della Giordania nell’accoglienza dei rifugiati: oltre un milione di siriani in fuga dalla guerra. Questo è un reale e concreto esempio di misericordia”. Così Andrea Tornielli, giornalista, ha fotografato la situazione giordana nel corso della presentazione nel Royal Cultural Centre di Amman, dell’edizione araba del libro-intervista a Papa Francesco “Il nome di Dio è misericordia”. Dinanzi a una platea attenta e interessata, sono intervenuti il patriarca emerito di Gerusalemme Fouad Twal, il ministro della Cultura giordano Nabech Shoqun e la teologa islamica Nida Zakzouq. Era presente in sala anche lo sceicco Mostafa Abu Romman, che al termine dell’incontro ha preso la parola dicendosi toccato dalla testimonianza di Papa Francesco. Da segnalare, inoltre, la presenza dei rappresentanti di tutte le Chiese cristiane. Va sottolineata la composizione della platea: di sicuro oltre 400 persone fra musulmani e cristiani. Un esempio tangibile di quella cultura del dialogo che caratterizza la società giordana e che ne fa un modello di convivenza possibile fra uomini e donne di religioni diverse nel rovente contesto mediorientale.
Tornielli ha sottolineato la rilevanza sociale della misericordia: “Misericordia e perdono sono infatti importanti anche nei rapporti sociali e nelle relazioni tra gli Stati. San Giovanni Paolo II, nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del gennaio 2002, diffuso poche settimane dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre contro gli Stati Uniti, ha scritto che non c’è pace senza giustizia ma non c’è giustizia senza perdono. Il perdono permette di costruire una società più giusta e riconciliata”.
Infine, ha citato le parole che Francesco ha dedicato ai musulmani nella bolla d’indizione del Giubileo, “Misericordiae vultus”: “L’Islam, da parte sua, tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani, che si sentono accompagnati e sostenuti dalla misericordia nella loro quotidiana debolezza. Anch’essi credono che nessuno può limitare la misericordia divina perché le sue porte sono sempre aperte. Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione”.