"La nostra missione esige, al contrario ha spiegato il card. Sepe -, di aprire le nostre porte per andare incontro, ospitare, accompagnare, donarci nella carità". Anche qui a Napoli "vive una moltitudine di affamati che chiede, grida per essere sfamato. La Chiesa ha il dovere di farsi pane, di farsi prossimo a chi è povero, è solo, è emarginato". Perciò, "un cuore di vescovo deve essere una porta sempre aperta; un varco d’ingresso; uno spazio di accoglienza per tutti, principalmente per quelli che chiedono di vivere o sopravvivere in un mondo ottuso, chiuso nel proprio egoismo". Angerami, prima di essere ordinato sacerdote, ha svolto la professione di ingegnere: "Tu, caro don Salvatore, hai lasciato tutto, anche una professione e una carriera umanamente soddisfacente, per seguire il Maestro che ti ha chiamato a proclamare il Vangelo della carità al nostro popolo. Il tuo ministero sacerdotale è stato caratterizzato sempre dalla disponibilità a donarti agli altri, con umiltà e generosità". Oggi "come vescovo, il campo di lavoro, assieme alla responsabilità, si è allargato. Va e coltiva la vigna del Signore con coraggio e totale donazione – è stato l’invito -, senza aver paura delle difficoltà e delle opposizioni che, certamente, il Maligno non farà mancare, come è successo allo stesso nostro Salvatore, agli apostoli e ai santi".” “