Ha indicato la necessità di “inventare itinerari formativi per le varie categorie di catechisti”, don Bassano Padovani, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, in chiusura del 33° convegno nazionale dei direttori degli uffici catechistici italiani che si è svolto in questi giorni ad Assisi, con 250 partecipanti in rappresentanza di 136 diocesi. Si è parlato dell’esigenza di una formazione “meno generalizzata”, attenta alle “diverse situazioni di vita: livelli di fede, situazioni familiari e sociali, appartenenze particolari”, tenendo presente alcune “condizioni della formazione”: “l’autorità ecclesiale a cui si chiede il sostegno convinto e concreto – ha detto don Padovani -; i responsabili degli uffici pastorali diocesani chiamati a salvaguardare l’unità e la specificità del singolo ministero; i responsabili dei percorsi formativi ai quali si chiede di costituire équipe di formatori e promuovere un maggior incontro tra teoria e prassi”.Nella relazione odierna don Luciano Meddi, catechista della diocesi di Roma ha sottolineato la necessità di “formarsi come formatori”, evidenziando alcune “disfunzioni” tipiche della situazione catechistica italiana: una formazione “non adeguata per qualità, tempi e modelli pedagogici”, l’enorme presenza di catechisti per i fanciulli ma scarsa per gli adulti, il “sofferto disagio” dei catechisti nei confronti di altre figure ministeriali (che induce all’abbandono anche i più motivati, spesso “sottoutilizzati”). Don Meddi ha denunciato un tipo di catechesi che si riduce “a sola socializzazione, legata cioè al solo insegnamento” e l’esistenza di una “grande massa di non formati”. Il catechista, ha precisato don Meddi, deve essere innanzitutto un “mediatore di comunicazione”, con il compito di “facilitare la trasmissione della fede” e “rendere il destinatario soggetto della propria ricerca e maturità di fede”.