L’incredibile

È avvenuto l’incredibile, quanto nessuno si sarebbe mai aspettato. Mi sto riferendo all’assalto da parte di migliaia di persone, mercoledì pomeriggio, della sede del Congresso degli Stati Uniti a Washington. Violenza a tutto spiano e cinque morti. Un evento talmente sconvolgente e storico che non possiamo non scriverne anche noi, sebbene tutti i giornali vi abbiano dedicato pagine e pagine.

(Foto AFP/SIR)

È avvenuto l’incredibile, quanto nessuno si sarebbe mai aspettato. Mi sto riferendo all’assalto da parte di migliaia di persone, mercoledì pomeriggio, della sede del Congresso degli Stati Uniti a Washington. Violenza a tutto spiano e cinque morti. Un evento talmente sconvolgente e storico che non possiamo non scriverne anche noi, sebbene tutti i giornali vi abbiano dedicato pagine e pagine.
Quanto è successo mercoledì è la peggior conclusione della presidenza Trump, per quattro anni sul filo del rasoio, nutrita di licenze verbali e di scelte ad effetto che hanno spesso sconcertato. Come ha sconcertato la sua opposizione al risultato elettorale, al di là di tutte le verifiche che non hanno confermato i brogli denunciati.
Trump è la causa principale del suo fallimento e dei disordini dell’Epifania. Tutti lo stanno abbandonando. È ormai indifendibile.
Non ritengo comunque che si debba parlare di tentativo di colpo di Stato. I colpi di Stato si fanno in ben altro modo. Si è trattato di una manifestazione “partita in toni farseschi e finita in tragedia” come scrive l’Osservatore Romano, della quale sono stati protagonisti cittadini convinti di essere stati derubati della vittoria elettorale.
Certo è stato un palese oltraggio e un’aperta ferita alla democrazia (ve ne sono altri meno palesi e altrettanto preoccupanti) nel Paese leader delle libertà democratiche.
Ora Trump si è accorto della stupidaggine commessa e ha fatto marcia indietro. Ma ormai è troppo tardi. La sua sarà un’uscita di scena che nessuno rimpiangerà e non credo che i repubblicani gli daranno ancora una chance per le prossime presidenziali. Adesso si tratta di riconciliare un Paese profondamente diviso, di ritrovare unità e di dimenticare un presidente dal ciuffo biondo e dalle parole al vento.
Ma adesso torniamo in Italia. Anche qui la politica traballa, non agli stessi livelli americani, sia chiaro, ma tuttavia con qualche preoccupazione.
La paventata crisi di fatto non si scioglie: la nuova bozza di Recovery plan, inviata ai partiti dopo ore di tensione tra gli alleati e Italia Viva, non sembra soddisfare quest’ultima. Dopo la disponibilità al dialogo e al rimpasto data da Giuseppe Conte, Matteo Renzi prova a rilanciare e lasciare al premier il cerino della crisi. Da parte sua Teresa Bellanova di Italia Viva afferma: “Il premier dovrebbe prendere atto che questa esperienza è al capolinea.” Anche qui c’è dell’incredibile.

(*) direttore “Il Nuovo Torrazzo” (Crema)

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