Maltempo

L’uragano Michael si abbatte sulla Florida. La parrocchia di Panama City beach prova a riprendersi

“Continuiamo a pregare”, sussurrano i fedeli, mentre increduli e sconfortati prendono atto che la loro chiesa, quella che li ha visti scorrazzare da piccoli, che li ha visti diventare padri e nonni, che ha aperto le porte a centinaia di vacanzieri, che li ha accompagnati nei momenti gioiosi e tristi dell’esistenza è stata distrutta da uno degli uragani più violenti della storia Usa

La croce sullo sfondo dell’abside e l’altare sono riusciti a resistere alla furia dell’uragano Michael. I suoi venti a 225 chilometri orari hanno investito la parrocchia di san Domenico a Panama City beach, sbriciolandone le vetrate e radendo al suolo l’ingresso. La desolazione regna tra le pareti sgretolate e ripiegate su se stesse, mentre il vortice inghiottiva suppellettili, sedie, l’intera hall della parrocchia, e il tetto della casa dei sacerdoti schiacciato su se stesso sta mettendo pesantemente a rischio la tenuta delle mura. “Keep praying” (Continuiamo a pregare), ripete il parroco, ripetono i volontari e i seminaristi accorsi a distribuire acqua e beni di prima necessità. “Continuiamo a pregare”, sussurrano i fedeli, mentre increduli e sconfortati prendono atto che la loro chiesa, quella che li ha visti scorrazzare da piccoli, che li ha visti diventare padri e nonni, che ha aperto le porte a centinaia di vacanzieri, che li ha accompagnati nei momenti gioiosi e tristi dell’esistenza è stata distrutta da uno degli uragani più violenti della storia Usa. E intanto si piange. Le lacrime scorrono per chi non ha trovato scampo, ma anche per chi è disperso. Sulla pagina Facebook della parrocchia si cercano notizie di genitori, zii, parenti, amici, suore e religiosi di cui si sono persi i contatti dal 10 ottobre, da quelle interminabili ore in balia di Michael, delle sue piogge e dei suoi tornado.

“È come se fosse esplosa una bomba”, ripete padre Luke, mentre si aggira tra le macerie di quello che era il piccolo negozio di libri e l’ingresso principale della parrocchia. Le lamiere sono piegate e spezzate, i vetri in frantumi, le assi polverizzate. “È surreale, non posso crederci – commenta – mentre, con cautela, si avventura tra i detriti. Il tetto è volato in un altro quartiere, un’altra costruzione è collassata come se un areo gli fosse precipitato sopra e tutto è allagato”. Il primo pensiero di padre Luke, appena i venti si sono placati, è stato per le persone, per i suoi fedeli. Dal telefono ha mandato messaggi Facebook e Twitter raccomandando a tutti di stare al sicuro e affidarsi a Dio. “Non ci interessano i danni, mi interessano loro”, ripete anche a Cnn che lo riprende in mezzo alla parrocchia devastata. I social media di san Domenico attivano una raccolta fondi senza intermediari e diventano centri di ricerca dei dispersi. Tra i primi a rispondere c’è Tammy, ancora convalescente dopo un intervento chirurgico. Sul retro della casa si sono abbattuti dieci alberi. Non ha elettricità e nessun generatore. È bloccata in attesa dei soccorsi, mentre cibo e acqua scarseggiano. Al suo fianco c’è la madre di 84 anni che si era trasferita per assisterla nelle prime settimane dopo l’intervento. Come Tammy, sono in molti quelli che non sono riusciti a fuggire e continuano ad essere ricercati da figli, parenti e amici che dal pomeriggio del 10 ottobre non riescono ad avere nessun contatto.

La parrocchia di sant’Antonio da Padova a Woodlands in Texas ha avviato una raccolta di aiuti a prova che la solidarietà scavalca i confini dello Stato e anche dal New Jersey si sono mobilitati per far giungere donazioni. Intanto arrivano acqua, prodotti per la pulizia, guanti in lattice, alimenti per bambini, cibo non deperibile e anche scatolette per i cani, che vagano abbandonati in mezzo al disastro. Il punto di distribuzione è il parcheggio della parrocchia e sono ancora i sacerdoti e i seminaristi, instancabili, a scaricare e offrire provviste. “I sacerdoti si stanno donando senza sosta per aiutare tutti – commenta Romero -. Amiamo la nostra parrocchia. È veramente un luogo santo e deve essere ricostruito perché è il faro di luce nella nostra comunità”. “I nostri cuori sono spezzati – gli fa eco Evangelina – ma noi continuiamo con fede ad affidarci a Dio, perché è Lui la nostra unica forza”. Preghiere e attestati di solidarietà arrivano da tutto il Paese e anche dalla comunità buddista e dai tanti non cattolici assistiti dalla parrocchia. Venerdì prossimo, il presidente Trump ha annunciato che si recherà sui luoghi del disastro, e intanto ha stanziato fondi straordinari per l’emergenza.

Oggi pomeriggio (13 ottobre) a san Domenico si celebrerà la messa, probabilmente all’esterno fanno sapere dall’ufficio parrocchiale, ma forse se si riusciranno a spazzare i vetri si proverà a rientrare, anche se le crepe sono evidenti, come ferite sulla carne viva di una comunità che cerca ancora i suoi membri dispersi, sperando nonostante tutto che sotto le macerie si possa ritrovarli o che si siano messi in salvo e tra qualche giorno ci si rincontri per ringraziare della vita e “continuare a pregare insieme”, come si ripetono l’un l’altro.