Maestra in punizione. Ma va sospeso l’integralismo

Un tempo, alla fine della confessione, il parroco ci imponeva la penitenza: recitare un Pater-Ave-Gloria. Non certo un supplizio se pregare è, invece, rivolgersi a Dio e dialogare con Lui. Ma facciamo finta che si tratti di un’esagerazione: togliamo il Gloria. Restano il Padre Nostro e l’Ave Maria: per queste due preghiere, che ha recitato insieme ai suoi alunni, una maestra della scuola primaria di San Vero Milis, in Sardegna, è stata sospesa per 20 giorni.

Un tempo, alla fine della confessione, il parroco ci imponeva la penitenza: recitare un Pater-Ave-Gloria. Non certo un supplizio se pregare è, invece, rivolgersi a Dio e dialogare con Lui. Ma facciamo finta che si tratti di un’esagerazione: togliamo il Gloria. Restano il Padre Nostro e l’Ave Maria: per queste due preghiere, che ha recitato insieme ai suoi alunni, una maestra della scuola primaria di San Vero Milis, in Sardegna, è stata sospesa per 20 giorni. Il fatto risale a prima di Natale dell’anno scorso però il provvedimento disciplinare è giunto solo ora. Marisa Francescangeli – questo il suo nome – ha raccontato così l’accaduto: «Sono stati i bambini, il giorno prima delle vacanze di Natale, a chiedermi di recitare l’Ave Maria e il Padre Nostro e io avevo già avuto modo di parlarne con i genitori in precedenza. Quello stesso giorno sono stata chiamata a sostituire un collega assente in un’altra classe e, avendo con me le perline che spesso utilizzo per far fare dei lavoretti ai bambini, ho pensato di proporre anche a loro di realizzare dei rosarietti». Francescangeli sostiene che gli alunni sono tutti di religione cattolica. «Se così non fosse stato mi sarei posta il problema sul fare o meno una preghiera». E dopo le preghiere spunta la storia dei rosari, anzi, una mattina ha portato in classe anche l’olio da Medjugorie e gli alunni si sono divertiti a ungersi l’uno con l’altro, come in un gioco. L’insegnante ha riferito, però, che due mamme si sono lamentate dell’accaduto con il dirigente scolastico, Alessandro Cortese, che l’ha convocata a un incontro alla presenza dei genitori. La docente sostiene di essersi scusata, pensando che sarebbe finita lì. Invece lo scorso 2 marzo è arrivata la notifica di sospensione, fino al prossimo 16 aprile. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, oggetto di un’interrogazione parlamentare sul caso, ha detto che «si tratta di reiterate preghiere e canti religiosi nelle ore disciplinari. Dopo diversi interventi bonari del dirigente scolastico si è arrivati alla sospensione». Come sempre, opinione pubblica divisa e grandi discorsi, spesso inutili, che stanno sollevando un polverone mediatico. Mi pare, invece, che la verità, o meglio, il buon senso, stia nel mezzo. Se da un lato non è affatto scandaloso che i bambini delle Elementari recitino una preghiera in classe prima di Natale, dall’altro, anche nella professione della nostra fede, non sono mai opportune le esagerazioni che talvolta sconfinano nel fanatismo. L’integralismo, sia laico sia religioso, è comunque un male. Va, infine, sottolineato che l’insegnante, in qualche modo, non difende soltanto la religione cristiana, ma la civiltà cristiana. La preghiera è la via che ci riconduce a Dio ma è anche la cifra della nostra cultura: sono preghiere moltissime opere d’arte, poesie, testi letterari sui quali si fonda la storia e il passato di una comunità. I problemi della scuola, in fondo, sono ben altri. Non è vietando una preghiera che difendiamo i nostri pargoli da chissà quale abuso o imposizione dogmatica. Adesso la maestra si dice pronta a fare ricorso: «Quello che è accaduto è un’ingiustizia grave ed è bene che venga alla luce. Mi sento messa in croce». Detto nei giorni della Pasqua, è forse un’esagerazione?

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