Dal “difendersi” al “soccorrere”

Sulla tragedia di Crotone sta indagando la magistratura, che cercherà di fare chiarezza intorno alla complicata vicenda di segnalazioni, regolamenti e competenze varie. Forse si troveranno dei responsabili tra le autorità di comando o di “trasmissione dati” dei soggetti coinvolti (Frontex, Sar, Guardia di Finanza, Guardia Costiera?...), scafisti a parte sempre avidi e incoscienti profittatori delle illusioni e delle sventure altrui cercando di guadagnarci sopra il più possibile, chiedendo somme esose e mettendo in mare delle carrette fatiscenti.

Sulla tragedia di Crotone sta indagando la magistratura, che cercherà di fare chiarezza intorno alla complicata vicenda di segnalazioni, regolamenti e competenze varie. Forse si troveranno dei responsabili tra le autorità di comando o di “trasmissione dati” dei soggetti coinvolti (Frontex, Sar, Guardia di Finanza, Guardia Costiera?…), scafisti a parte sempre avidi e incoscienti profittatori delle illusioni e delle sventure altrui cercando di guadagnarci sopra il più possibile, chiedendo somme esose e mettendo in mare delle carrette fatiscenti. Ma le file impressionanti delle 66 bare, tra cui molte – visione ancora più angosciante – bianche, sono un segnale troppo forte che interroga e incrimina la conduzione della questione migranti, in Italia e in Europa. Le migrazioni ci sono sempre state, fanno parte della storia dell’umanità, fin dai trasferimenti indoeuropei, e poi dalla calata dei cosiddetti “barbari” (o meglio, popolazioni nomadi del Nord-Europa) verso il sud e particolarmente (anche già dalla civile Grecia) verso questa Penisola che sembra fare da ponte troppo bello e fertile, placidamente disteso in mezzo al “mare nostro”. Ma anche da qui molti se ne sono andati verso terre che, alla fine, apparivano ancora più attraenti per sperare in una condizione di vita migliore: milioni di italiani, a loro volta – e ancora ai giorni nostri -, verso il Nord-Europa; oppure, ancora prima (braccianti) e dopo (diplomati), verso le Americhe: quella del Nord come quella del Sud, tutte terre lontanamente somiglianti a un Eldorado; o addirittura – ancora oggi – verso l’Australia. Ai nostri giorni l’afflusso viene dal Sud e dall’Est, convergendo in quell’Europa che tutti sognano di raggiungere, passando soprattutto per l’Italia, il tallone più esposto e più debole del continente a tutt’oggi più fortunato. Il miraggio europeo attira insistentemente e inesorabilmente milioni di persone, tanto che anche tra i potenti, oltre che tra gli scafisti, c’è chi specula perfidamente (leggasi soprattutto Putin, nel tentativo di destabilizzare l’UE scacciando ferocemente milioni di persone dalla “sua” Ucraina, ma anche Erdogan e altri…), confidando di trarre il massimo profitto geopolitico ed economico dalle disgrazie altrui e dall’accoglienza (“generosa”, o “ingenua” o “forzata”) dei bianchi europei e poi americani (che, a loro volta, come sappiamo tutti, seppero trarre vantaggi inusitati dallo sfruttamento di altri popoli e di altre terre, in schiavitù e in beni di ogni genere). Una sorta di nemesi storica, in una “eterogenesi dei fini”, quella a cui assistiamo? La storia procede sulle gambe e sulle teste degli uomini e dei popoli. Un giudizio globale esige tempo e saggezza e comunque rischia sempre di essere inappropriato. Sta di fatto che “salvare chi è in pericolo”, e non solo per mare, ma anche sulle più numerose “rotte” terrestri, sarebbe un precetto ineludibile per ogni coscienza umana. Il principio da invertire nella nostra politica (italiana ed europea) come nella nostra sensibilità è passare dal “difendersi” al “soccorrere”. C’è chi lo fa, incontrando immense difficoltà, rischiando persino di essere processato, ma anche strumentalizzato. Sarebbe invece la regola fondamentale, che sentiremmo più vera se fossimo noi nelle condizioni disperate di chi abbandona tutto in situazioni intollerabili (di guerra o di fame) ed è pronto a pagare il massimo anche col rischio della vita per raggiungere un sogno, che gli è dovuto per natura.

 

 

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