Al bivio della transizione

Anche se nei giorni successivi il tempo è un po' migliorato, da giovedì a martedì scorsi l'inverno - dopo una lunga fase in cui abbiamo anche potuto risparmiare sul riscaldamento - ci ha fatto assaggiare i suoi rigori, dal fortissimo vento con mareggiate alla neve, anche in pianura, dalle temperature crollate a picco all'urgenza di alzare il termostato...

Anche se nei giorni successivi il tempo è un po’ migliorato, da giovedì a martedì scorsi l’inverno – dopo una lunga fase in cui abbiamo anche potuto risparmiare sul riscaldamento – ci ha fatto assaggiare i suoi rigori, dal fortissimo vento con mareggiate alla neve, anche in pianura, dalle temperature crollate a picco all’urgenza di alzare il termostato… E ciò, oltre che da noi, in modo particolare al centro-sud della Penisola; mentre, comunque, ci attendono ora i famosi “giorni della merla” (29-31 gennaio) che, secondo tradizione popolare, dovrebbero essere i più freddi dell’anno. Ma il meteo è ormai sempre più collegato ai cambiamenti climatici: si potrebbe dire che “una fioccata di neve non fa inverno”, dal momento che la media delle temperature si è alzata in tutto il pianeta per le note ragioni (i ghiacciai della Marmolada si sarebbero ridotti negli ultimi anni del 70% in superficie e del 90% in volume!…; mentre ogni tanto si staccano masse enormi dai giganteschi iceberg al polo nord e al polo sud). Anche se ci consola un po’ la notizia della imminente chiusura del “buco dell’ozono”, resa possibile da consapevolezza e decisione nell’eliminare i gas clorofluorocarburi, ci preoccupano le marce indietro sulla progressiva eliminazione delle fonti fossili di energia, mentre comunque si cerca di non demordere (ma quanti, anche tra i Paesi emergenti, potranno aderirvi?) sulla strada della ricerca e dell’applicazione delle energie rinnovabili (è al via in Italia appunto la legge per le “Comunità di energia rinnovabile”). Ma intanto cerchiamo petrolio e gas da Algeria e altri paesi arabo-africani, non meno “autoritari”, per rifornirci in tempo, in modo da renderci totalmente indipendenti (dicono nel 2024 per l’Italia!) dagli idrocarburi di un Paese totalitario, imprevedibile e quindi inaffidabile, come la Federazione Russa. E’ chiaro che proprio questa infausta guerra nel cuore dell’Europa, oltre alle stragi folli e disumane e alla distruzione sistematica di un intero Paese, frena di molto l’auspicata “transizione” (anche se gli Stati Uniti sembrano essersi improvvisamente convertiti alla causa più di altri, assegnando congrui aiuti alle imprese). Freddo, neve e maltempo che abbiamo sperimentato nei giorni scorsi – ma le previsioni annunciano un meteo simile nei prossimi, segnatamente nel Centro, ed anche al Nord -, insieme a frequenti fenomeni meteorologici di eccezionale portata (non mancano le periodiche trombe d’aria), hanno come conseguenza anche l’erosione continua del nostro litorale, tanto che, opportunamente, i comuni della costa veneta si sono accordati per un’azione più incisiva, in vista della prossima “stagione”. Questa è la nostra Terra, bella e fragile, da custodire con maggiore determinazione anche con scelte personali e comunitarie di stili di vita più conformi (un’occasione ci sarà data presto, appunto, dalle erigende “comunità energetiche”). Lo sfregio più grave è certamente quello che viene dalla volontà di potenza e di prepotenza, che si ripercuote dalla Terra sull’Umanità, poiché mentre tende ad arraffare il più possibile delle risorse destinate al bene comune, scatena guerre e conflitti di ogni tipo (anche questi, infatti, sono legati allo sfruttamento incosciente e genocida della nostra madre Terra: esempio lampante è l’Africa, miniera del pianeta, sempre più avidamente spartita; oltre alle miniere di cui sono ricche le regioni ucraine annesse farsescamente dalla Russia, “obiettivo irrinunciabile” della “operazione militare speciale”). Con tutto ciò, bisogna continuare a sperare e ad agire per il meglio.

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