Ancora femminicidi. Tragedia che interpella tutti

Il femminicidio è uno di quei fenomeni di fronte ai quali, oggi, si rischia di rimanere increduli, ammutoliti, paralizzati. Soprattutto oggi, quando non si può dire che non si siano inasprite le pene anche attraverso novità normative.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Il femminicidio è uno di quei fenomeni di fronte ai quali, oggi, si rischia di rimanere increduli, ammutoliti, paralizzati. Soprattutto oggi, quando non si può dire che non si siano inasprite le pene anche attraverso novità normative.
Oggi quando l’opinione pubblica (anche maschile) ha cominciato finalmente a muoversi e a manifestare vicinanza concreta alle donne.
Oggi quando da settori della società, anche molto diversi, arriva in modo esplicito il rifiuto e la condanna di ogni violenza nei confronti di qualsiasi donna.
Certo, si può e si deve fare ancora di più. Per esempio, la giustizia non può ridursi a fredda e sterile gestione burocratica di fascicoli senza tener conto innanzitutto che si ha a che fare con persone e con situazioni molto spesso drammatiche. Di fronte a certi reati e a certi rischi di nuove violenze si deve contemplare anche la possibilità di proibire in via definitiva qualsiasi contatto con la coniuge o compagna anche recidendo per sempre certi legami con possibili figli. Si è visto, infatti, che non basta un corso per maschi maltrattanti per superare il problema.
Tutto questo, infatti, sembra non essere sufficiente se nei primi sei mesi del 2022 in Italia si contano 38 i femminicidi. Anzi, paradossalmente sembra che più forte sale il grido di solidarietà (e gli interventi di sostegno) nei confronti dell’universo femminile, più atroci ed efferati siano i crimini che le donne devono subire, come dimostra l’omicidio a Fossalta di Portogruaro del 10 giugno, il duplice omicidio di Modena di lunedì scorso e pochi giorni prima quello in terra vicentina.
Tutto questo non deve fare retrocedere dall’impegno a ridurre le dimensioni di questo fenomeno spaventoso, anzi deve rendere ancora più evidente, se già non lo era, che solo con il contributo di ogni persona si può cambiare la situazione e il contesto violento in cui sempre più viviamo.
Il fenomeno del femminicidio rappresenta l’indicatore più drammatico di una società in cui la violenza è diventata uno dei maggiori tratti identificativi. In tale situazione ciascuno di noi può essere ulteriore elemento che alimenta un clima di aggressività, odio e violenza, oppure può contribuire consapevolmente a costruire relazioni accoglienti, inclusive, rispettose.
La pace si costruisce dalle relazioni domestiche e amicali. Ma questo può essere un vuoto slogan, oppure diventare il criterio che anima le giornate di ciascuno di noi. In tale prospettiva è decisivo il percorso formativo delle giovani generazioni e il ruolo della scuola nell’educazione anche al rispetto dell’essere maschio ed essere femmina.
Più volte ci siamo trovati a scrivere sui femminicidi e più volte abbiamo evidenziato come sia necessario un cambio culturale profondo. Quanto è accaduto anche a Vicenza conferma che la cultura non si modifica in poche settimane, né solo con gli annunci. Occorre un lavoro lungo, quotidiano che passa anche attraverso il potenziamento di un benessere relazionale che è la vera azione di prevenzione che può cambiare il contesto complessivo. Questo benessere relazionale chiama in causa le istituzioni a partire dai Comuni, la scuola, lo sport, le nostre parrocchie, i movimenti e le associazioni ecclesiali. Servono alleanze che consentano di contenere e ridurre il tasso di violenza che circola nelle vene delle nostre comunità e che troppe volte si scarica all’interno della coppia, sulle donne e poi sui figli destinati a rimanere orfani.
Le tragiche morti di questi giorni ci confermano che si tratta di un lavoro lungo, difficile, non scontato che chiede, come dicevamo, l’impegno fattivo di ciascuno di noi. Poi, certo, il Male è nella storia e fa parte della storia e quindi non si potrà eliminare del tutto. Ma non possiamo permettergli di avere l’ultima parola.

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