Un unico sentimento. Grazie Mattarella!

«I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e naturalmente debbono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini». Con queste poche e essenziali parole, Sergio Mattarella si è piegato, sabato scorso, 29 gennaio, alla volontà del Parlamento e, aggiungiamo noi, alla volontà di Dio, rinunciando alle sue precedenti decisioni, per restare al capezzale del Paese.

(Foto ANSA/SIR)

«I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e naturalmente debbono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini». Con queste poche e essenziali parole, Sergio Mattarella si è piegato, sabato scorso, 29 gennaio, alla volontà del Parlamento e, aggiungiamo noi, alla volontà di Dio, rinunciando alle sue precedenti decisioni, per restare al capezzale del Paese. Tutti sono testimoni di quanto egli si sia adoperato per evitare la sua rielezione, eppure, di fronte a un interesse superiore, Mattarella ha messo da parte i suoi convincimenti politici,istituzionali e quei progetti personali cui ogni uomo, all’età di ottanta anni, ha il diritto di aspirare. Dopo sei giorni estenuanti, nel corso dei quali si sono consumati invano i tentativi di eleggere il Presidente; dopo uno spettacolo deprimente, fondato su slogan e tatticismi mirati più a mettere in difficoltà l’avversario, che a trovare una soluzione unitaria; dopo avere bruciato, inopportunamente, nomi e figure istituzionali; dopo tutta una serie di operazioni fallite, improvvisamente il “miracolo”. Mario Draghi, dismettendo i panni del candidato al Colle e vestendo quelli del mediatore, dopo avere contattato Mattarella, ha preso per mano i capigruppo della maggioranza che sostiene il suo governo, i Presidenti delle regioni, “grandi elettori” e li ha condotti dal Presidente per chiedergli di accettare di rimanere per il bene del Paese. Ancora una volta, come si può notare, i tecnici in sostegno dei politici! Inutile dire che i primi a intestarsi, in maniera sfacciata, il merito dell’operazione sono stati proprio coloro che l’avevano esclusa a priori, nella presunzione di avere i numeri per fare da soli. L’epilogo ha evidenziato i problemi di un intero sistema politico, l’assenza di leadership sia destra che a sinistra e coalizioni e partiti in difficoltà. Ora, almeno per un altro anno, si potrà contare sul binomio Mattarella -Draghi che già una volta ha sostenuto l’Italia aiutandola ad uscire dal caos, facendole guadagnare l’ammirazione degli osservatori stranieri e il titolo di Paese modello. Gli auguri e le congratulazioni delle cancellerie internazionali non si sono fatti attendere, compresi quelli di Papa Francesco che ha assicurato al Presidente la sua preghiera “affinché possa continuare a sostenere il caro popolo italiano nel costruire una convivenza sempre più fraterna e incoraggiarlo ad affrontare con speranza l’avvenire”. Grazie al sostegno autorevole di Mattarella, ora Draghi potrà tornare a governare con maggiore determinazione e affrontare la pandemia, riavviare la crescita economica, portare a termine il Piano di ricostruzione e resilienza, completare le riforme, affrontare la crisi ucraina, quella energetica e infondere, in una parola, maggiore fiducia ai cittadini in uno dei momenti più difficili della nostra storia repubblicana. Ciò che più duole, tuttavia, è il constatare come l’analoga lezione di otto anni fa, che portò alla rielezione di Napolitano, non sia servita a nulla. Le promesse di allora, di invertire la rotta e di mettere in moto i meccanismi per la rigenerazione della classe politica, si sono infrante di fronte all’emergere delle formazioni populiste di destra e di sinistra. Dopo avere dominato la scena per un decennio e avere promesso la rivoluzione, quei movimenti, di fronte alle prove più impegnative, sono naufragati senza portare vantaggi al sistema. Di fronte alle nuove sfide, prima fra tutte il rinnovo del Parlamento nella primavera del 2023 con un numero ridotto di parlamentari, si rende ancora più necessario l’impegno perché, dalle attuali macerie, emerga uno spirito nuovo che faccia riconquistare ai partiti il loro primato nella gestione della cosa pubblica e faccia meritare alla politica l’appellativo di “forma più alta della carità”.

(*) direttore “La Vita diocesana” (Noto)

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