Un Presidente sulle orme di Mattarella

Con la convocazione dei “grandi elettori” – deputati, senatori e rappresentanti delle regioni – a partire dal prossimo 24 gennaio l’elezione del Presidente della Repubblica entra nella fase decisiva. Le previsioni, i sondaggi, i lanci dei nominativi “civetta” che hanno alimentato fin qui il dibattito politico, lasciano il posto alle trattative vere. Falliti i tentativi di prolungare, almeno fino al 2023, la permanenza di Mattarella al Quirinale – c’è, però, chi ci crede ancora – le forze politiche sono chiamate a trovare una alternativa, altrettanto valida, a quella che ha consentito all’Italia di affrontare la pandemia e di avviare un provvidenziale periodo di crescita.

foto SIR/Marco Calvarese

Con la convocazione dei “grandi elettori” – deputati, senatori e rappresentanti delle regioni – a partire dal prossimo 24 gennaio l’elezione del Presidente della Repubblica entra nella fase decisiva. Le previsioni, i sondaggi, i lanci dei nominativi “civetta” che hanno alimentato fin qui il dibattito politico, lasciano il posto alle trattative vere. Falliti i tentativi di prolungare, almeno fino al 2023, la permanenza di Mattarella al Quirinale – c’è, però, chi ci crede ancora – le forze politiche sono chiamate a trovare una alternativa, altrettanto valida, a quella che ha consentito all’Italia di affrontare la pandemia e di avviare un provvidenziale periodo di crescita. Nel discorso di fine anno, ultimo del suo settennato, richiamando i principi cui si è ispirato nello svolgimento del suo alto magistero, Mattarella ha voluto delineare, come ulteriore atto d’amore verso il Paese, il profilo che dovrebbe avere il suo successore. “In questi anni – ha detto – ho avvertito due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale e del bene comune”. Una condotta esemplare di cui tutti gli italiani gli danno testimonianza e per la quale gli manifestano profonda gratitudine. Nel momento in cui si guarda al successore di Mattarella – uomo, donna, interessa poco- l’auspicio è che, chiunque salirà al “Colle,” non lo faccia rimpiangere e possa, come lui, essere in grado di garantire al Paese lo stesso prestigio e uguale credibilità internazionale. Fino a ieri, pressoché tutti gli ambienti politici, economici e sociali puntavano sulla carta vincente, Mario Draghi alla Presidenza del Consiglio e Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Una soluzione istituzionale necessitata, come si ricorda, dal fallimento della politica, incapace di dare vita a un governo credibile. Da qui la nascita del governo Draghi che consentì di fare uscire l’Italia dal caos. In un tempo tanto difficile, condizionato fortemente dal Covid, l’Italia, grazie a quella intuizione, è riuscita a chiudere l’anno 2021 ottenendo riconoscimenti lusinghieri sia sul piano economico che su quello della gestione della pandemia. Anche se, purtroppo, rimangono ancora larghe fasce di cittadini che vivono ai margini della povertà, mentre interi settori economici, primo fra tutti il turismo, rischiano di uscire dal mercato provocando schiere di disoccupati. Tramontata la possibilità di replicare quella soluzione “ideale”, il quadro politico si sta, inopinatamente, deteriorando proprio nel momento in cui si richiede il massimo di unione. Quelle stesse forze che un anno fa accettarono di affidarsi alla guida autorevole di Draghi, ora si accorgono di vivere in un tempo di democrazia sospesa e sembra si muovano come se provassero a riprendersi il potere perduto. Da qui le divisioni e gli scontri che stanno mettendo in difficoltà la vita stessa del governo, al punto che, in questi primi giorni del 2022, stiamo rischiando di giocarci la credibilità conquistata. Ma cosa è cambiato, viene da chiedersi, rispetto a un anno fa, quando si dovette ricorrere a Draghi? Quali leader, quali maggioranze organiche e quali progetti fattibili e credibili vengono proposti, al di là della propaganda e degli annunci? E, ancora, con quali formule e con quali numeri si vuole gestire l’elezione del Presidente della repubblica, se le coalizioni sono divise al loro interno e i partiti non riescono neppure a governare i loro gruppi? Basti pensare che dall’inizio della legislatura ben 267 fra deputati e senatori hanno lasciato il partito in cui sono stati eletti – i cosiddetti cambi di casacca- per passare ad altri partiti o al gruppo misto. Chi governa costoro nell’elezione del successore di Mattarella? I paletti e le condizioni che i leader stanno mettendo nelle trattative per la scelta del candidato al Quirinale non hanno alcun fondamento. L’auspicio è che maturi in tutti la consapevolezza che lo sbocco più ragionevole, nell’interesse del Paese, sia quello di puntare su un candidato unitario, autorevole, da eleggere, possibilmente, nelle prime battute, prima che la situazione sfugga di mano e l’Italia ripiombi nel caos.

(*) direttore “La Vita cattolica” (Noto)

 

Altri articoli in Italia

Italia