Verso Betlemme, sorpresi dalla gioia

Mancano pochi giorni a Natale. Il nostro percorso verso Betlemme sta per concludersi e stiamo entrando nell’indicibile Mistero del nostro Dio che, come atto sommo di amore, decide di farsi uomo, di incarnarsi nella storia umana e di inviare in mezzo a noi suo figlio. E’ il Mistero dell’Infinito che entra nel Finito… Qualcosa che solo a dirlo, manda per aria tutte le teorie e le sicurezze scientifiche, gli schemi con cui siamo abituati a raccontarci la realtà e a misurarci con essa. Eppure in quella grotta a Betlemme c’è l’Oltre, c’è l’annuncio che la Storia non è condannata a terminare infilzata tra le spade dei romani, o annientata dagli eserciti postmoderni. In quella Grotta la Speranza ha preso carne.

Natale a Betlemme

Mancano pochi giorni a Natale. Il nostro percorso verso Betlemme sta per concludersi e stiamo entrando nell’indicibile Mistero del nostro Dio che, come atto sommo di amore, decide di farsi uomo, di incarnarsi nella storia umana e di inviare in mezzo a noi suo figlio. E’ il Mistero dell’Infinito che entra nel Finito… Qualcosa che solo a dirlo, manda per aria tutte le teorie e le sicurezze scientifiche, gli schemi con cui siamo abituati a raccontarci la realtà e a misurarci con essa.
Eppure in quella grotta a Betlemme c’è l’Oltre, c’è l’annuncio che la Storia non è condannata a terminare infilzata tra le spade dei romani, o annientata dagli eserciti postmoderni. In quella Grotta la Speranza ha preso carne.
La Parola che verrà proclamata nella Notte Santa è tutta un inno di gioia, un invito a fare festa. L’angelo, nel Vangelo di Luca, parla di una “grande gioia” che appartiene a tutto il popolo. Gesù è strutturalmente contrario alla gioia esclusiva solo per qualcuno. La gioia che si annuncia è proprio per tutte e tutti. In questo caso nessun potente può decidere il contrario o decretare di innalzare muri o reticolati per lasciare fuori qualcuno. Per questa gioia c’è posto per tutti, a cominciare dagli ultimi.
L’invito a gioire cade proprio nel mezzo di questa prova incredibile della pandemia. Speravamo fosse finita. Ci eravamo forse illusi di aver superato la parte più dura e invece siamo ancora qui con mascherine, igienizzanti, vaccini, varianti, zona gialla, arancione o rossa.
Se guardiamo le nostre comunità, i nostri gruppi, il nostro Paese pesa la divisione, anzi la lacerazione, che si è consumata e incancrenita lungo questi mesi tra quanti, pur con mille dubbi e timori, hanno seguito le indicazioni della autorità e chi invece in nome, non si capisce bene di quale libertà, si ostina a rifiutare di ricorrere all’unico strumento che fino ad ora, al di là di qualsiasi pregiudizio ideologico, si è rivelato efficace, ovvero il vaccino. E’ una lacerazione che pesa e c’è da chiedersi quali residui lascerà in famiglie, gruppi, comunità e se e come riusciremo a ricomporla.
In tale contesto cosa significa l’invito a gioire che sentiremo la notte di Natale? Sembra un invito che arriva nel momento sbagliato. Gli angeli che annunciano la grande gioia, parlano anche di pace, uno dei beni che oggi, forse più di ieri, scarseggia. A qualcuno potrebbe venire la tentazione di invitare queste creature angeliche a ripassare quando la situazione sarà davvero migliore.
E invece no: l’invito a gioire è ora, qui. Anzi, di fronte a tutto questo a Natale la Speranza assume il volto incredibile di un bimbo, dell’indifeso per eccellenza. Gesù che viene ci ricorda che la Speranza è più forte di ogni divisione. E noi, intanto, assomigliamo a quel popolo che camminava nelle tenebre, di cui parla il profeta Isaia. Riusciamo a vedere la grande luce che rifulge? O questo virus ci ha resi ancora più ciechi?
L’annuncio degli angeli ci interpella e ci chiama a responsabilità. Non è l’annuncio che la pandemia è finita. E’ l’annuncio che ci viene affidata una grande gioia. Con il Natale, nasce per noi “un Salvatore, che è Cristo Signore”. Il segno indicato è tanto inequivocabile quanto sconcertante: “un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Quel bambino ci dice che dalla Speranza bisogna lasciarsi sorprendere, che la Speranza va custodita, che la Speranza è più forte di qualsiasi tristezza e preoccupazione. Con questo spirito, insieme, ci avviciniamo a Betlemme a contemplare il Dio fatto uomo, radice di ogni nostra speranza.

(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)

Altri articoli in Italia

Italia