Dalle elezioni a un Patto per l’Italia

Non è necessario attendere l’esito dei ballottaggi per interpretare il messaggio centrale che viene dalla consultazione del 3 e 4 ottobre scorsi per il rinnovo dei governi delle città. Al di là dei risultati già emersi nel primo turno e di quelli che si registreranno nel secondo, siamo di fronte a una vera e propria crisi della democrazia evidenziata dai cittadini con due segnali eloquenti: da una parte la diserzione in massa dalle urne - ha votato soltanto la metà degli elettori - dall’altra le difficoltà incontrate dai partiti nel trovare persone valide e motivate da candidare a sindaco. I cittadini stanno cominciando a mostrare segni di insofferenza verso politiche populiste rivelatesi, nel tempo, illusorie e inconcludenti. Basti pensare che, mentre il governo è impegnato a gettare le basi per lo sviluppo del Paese, i leaders politici continuano a scontrarsi sulla questione relativa al greenpass!

(Foto ANSA/SIR)

Non è necessario attendere l’esito dei ballottaggi per interpretare il messaggio centrale che viene dalla consultazione del 3 e 4 ottobre scorsi per il rinnovo dei governi delle città. Al di là dei risultati già emersi nel primo turno e di quelli che si registreranno nel secondo, siamo di fronte a una vera e propria crisi della democrazia evidenziata dai cittadini con due segnali eloquenti: da una parte la diserzione in massa dalle urne – ha votato soltanto la metà degli elettori – dall’altra le difficoltà incontrate dai partiti nel trovare persone valide e motivate da candidare a sindaco. I cittadini stanno cominciando a mostrare segni di insofferenza verso politiche populiste rivelatesi, nel tempo, illusorie e inconcludenti. Basti pensare che, mentre il governo è impegnato a gettare le basi per lo sviluppo del Paese, i leaders politici continuano a scontrarsi sulla questione relativa al greenpass! Un modo di fare che, sia pure involontariamente, rischia di alimentare quel rancore tristemente e pericolosamente sfociato nei gravissimi episodi di violenza a Roma. Una situazione complessa ben presente al Presidente Draghi che, consapevole degli impegni assunti di fronte alla comunità nazionale e internazionale, nonché delle responsabilità che porta sulle spalle, ha voluto lanciare, nei giorni scorsi, l’idea di un Patto per l’Italia, finalizzato ad accantonare ogni motivo di divisione per aggregare attorno ai problemi del Paese tutte le componenti della società. Per il governo la tabella di marcia è ben chiara: continuare con la battaglia contro il Covid, definire entro il 31 dicembre la manovra economica per il 2022 (ex finanziaria), quindi attuare le riforme e il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza (Pnrr). Draghi non può tergiversare, sa che deve andare avanti, pena la perdita dei fondi europei oltre che della sua credibilità. Da qui la necessità che si archivi presto la vicenda elettorale per concentrarsi su quello che veramente conta per il futuro del Paese. Non è senza significato, infatti che, all’indomani del primo turno delle elezioni, il Presidente abbia convocato il Consiglio dei ministri – disertato inopinatamente dalla Lega- per varare una delle riforme, quella fiscale e del catasto, richiesta anche dall’Europa. Alle bizze di qualche partito, Draghi ha risposto, candidamente: “L’Azione del governo non può seguire il calendario elettorale, ma quello imposto dall’Europa”. A nessuno è consentito vanificare il momento favorevole che l’Italia sta attraversando: una crescita inaspettata dell’economia, una maggioranza di governo comprendente la quasi totalità delle forze parlamentari, un Premier autorevole e stimato in Italia e all’estero, oltre 200 miliardi messi, miracolosamente, a disposizione dalla Comunità europea per realizzare le tanto attese riforme e gestire la transizione ecologica e digitale. Un’occasione irripetibile, come viene riconosciuto da ogni parte, che potrebbe dare un volto nuovo al nostro sistema a vantaggio, principalmente, del futuro delle nuove generazioni.”Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”, afferma Papa Francesco. E per non sprecarla ci vuole l’impegno serio, oggi e domani, di tutti. Basti pensare che se l’Italia vuole ricevere i fondi del Recovery, non solo dovrà attuare le famose riforme – fiscale, pubblica amministrazione, giustizia e via di seguito – ma anche rendicontare alla comunità europea, ogni sei mesi fino al 2026, lo stato di avanzamento dei lavori. Nessuno può prevedere se e quanto duri questa opportunità. Il primo problema si presenterà con la scelta ci chi dovrà sostituire Draghi. Chi potrà prenderne il testimone? Chi sarà in grado di gestire i problemi con efficacia, rimanendo fedele agli impegni assunti con la comunità europea? È un problema serio dal quale nessuno può tirarsi fuori! Ecco perché è importante che l’idea del Patto per l’Italia avanzata dal Presidente Draghi venga condivisa da tutti: cittadini, partiti, sindacati e imprenditori. Insieme all’impegno di mettere in moto un processo virtuoso volto a creare una nuova classe politica e un sistema di partiti capace di avere una visione per il futuro del Paese. Un Patto che, tradotto in termini chiari, deve prevedere, per tutto il tempo necessario, l’accantonamento degli interessi di parte per guardare esclusivamente al bene comune.

(*) direttore de “La Vita diocesana” (Noto)

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