Contraffazioni. Ci risiamo?

Nel mondo del vino sono occorsi, di recente, alcuni episodi che devono far riflettere. Mi riferisco ai controlli effettuati dalle forze dell’ordine, proprio sul nostro territorio, che nei giorni scorsi hanno portato alla scoperta di vino pronto per essere messo in commercio senza le adeguate informazioni d’origine e al rinvenimento di grandi quantità di zucchero in una azienda agricola.

foto SIR/Marco Calvarese

Nel mondo del vino sono occorsi, di recente, alcuni episodi che devono far riflettere. Mi riferisco ai controlli effettuati dalle forze dell’ordine, proprio sul nostro territorio, che nei giorni scorsi hanno portato alla scoperta di vino pronto per essere messo in commercio senza le adeguate informazioni d’origine e al rinvenimento di grandi quantità di zucchero in una azienda agricola. Si tratta di contraffazioni e dunque – come può immaginare anche chi non è del settore – di comportamenti che si pongono contro la legge: l’aggiunta di zucchero è una vera e propria adulterazione del vino, che ne modifica il grado zuccherino e alcolico, mentre la mancanza o la contraffazione delle informazioni d’origine del vino è fatta – si può ben presumere – al fine di vendere un prodotto spacciandolo per una qualità più alta (che non è la sua). Propinare, ad esempio, un vino bianco generico, grazie a qualche accomodamento sul prodotto e sull’etichetta, per un Prosecco può diventare molto redditizio, ma ovviamente è un reato.

La questione è molto seria. Da un lato, ci riporta alla memoria dolorose esperienze di adulterazione del passato. Dall’altro, rischia di gettare un’ombra di discredito su un settore, quello del vino nel Veneto, che sta attraversando, sì, un tempo di grandi successi ma anche di tensioni, come testimonia il dibattito acceso dalla lettera dei preti e diaconi dell’up Abbazia di Follina. Episodi come questi, pertanto, danno buoni motivi ai detrattori del mondo del vino, i quali vedono in tutto ciò una smania di arricchimento che non si fa remore di passare sopra alle leggi e al rispetto delle persone.

Il presidente Zaia è intervenuto in maniera estremamente dura sui fatti in questione e ha definito questi episodi non solo “reati”, ma veri e propri “sacrilegi”. Ora, tralasciando il riferimento al linguaggio religioso, è evidente a tutti la gravità della faccenda: anche se si dovessero trattare di fatti marginali compiuti da pochi vinificatori senza scrupoli – ed è quello che auspichiamo vivamente –, essi contribuiscono a gettare sfiducia nei confronti del lavoro onesto di molti. Anche in questo caso si evidenzia una seria “questione etica”: i soldi non possono essere il fine di tutto, né l’obiettivo cui piegare qualsiasi cosa. Ai presidenti dei Consorzi di tutela, recentemente eletti, ai loro collaboratori e a quanti operano nel settore si pone in modo molto importante l’appello a vigilare “a monte”, sulle questioni legate alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente, non “derubricandole” quasi si trattasse del problema di qualche “esagitato”. In secondo luogo, devono farsi carico “a valle” del controllo delle diverse fasi della vinificazione e della vendita del vino, perché tutta la filiera sia all’insegna della tracciabilità e della trasparenza.

Avanziamo due proposte. Proprio per salvaguardare il buon nome della maggior parte dei produttori, è assolutamente necessario, nel più breve tempo possibile, determinare con chiarezza le responsabilità di chi è coinvolto per non far ricadere l’ombra e il sospetto su tutto il settore. In secondo luogo, una critica che spesso è mossa al mondo del vino è che l’ingente giro di denaro che movimenta è essenzialmente autoreferenziale e non ricade in modo significativo sul territorio. Tale denuncia potrebbe essere smontata promuovendo una cultura del rispetto dell’ambiente e della legalità e allargando i guadagni della filiera all’intera comunità attraverso il sostegno di progetti culturali, paesaggistici, sociali, ambientali a beneficio di tutti. Potrebbero essere mosse sapienti, utili a far capire che i veneti non hanno in mente solo i “schèi”, ma sanno anche pensare, fare cultura, avere a cuore le persone, le relazioni e le proprie comunità.

(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)

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