Il dramma della festa senza il cenone. Italiani preoccupati

Vediamo: che cosa preoccupa oggi gli italiani sani? La necessità di seguire le regole anti contagio, i morti da Covid, l’esercizio del buon senso giustamente caldeggiato dal Governo? Niente affatto. Il primo motivo di preoccupazione è sapere come trascorreranno il Natale. Mi perdonerete: ho usato l’aggettivo sani, che qui sta per “non malati”, ma già prevedo che potrebbe innescare commenti al vetriolo. Per le risposte rimando alla discografia di Giorgio Gaber. Dicevamo delle preoccupazioni.

Vediamo: che cosa preoccupa oggi gli italiani sani? La necessità di seguire le regole anti contagio, i morti da Covid, l’esercizio del buon senso giustamente caldeggiato dal Governo? Niente affatto. Il primo motivo di preoccupazione è sapere come trascorreranno il Natale. Mi perdonerete: ho usato l’aggettivo sani, che qui sta per “non malati”, ma già prevedo che potrebbe innescare commenti al vetriolo. Per le risposte rimando alla discografia di Giorgio Gaber. Dicevamo delle preoccupazioni. Mentre molte, troppe persone girano bellamente per vie e piazze ed escono di casa senza un motivo valido (sto parlando di Lombardia e Piemonte) e se ne infischiano dei divieti, anche perché nessuno le san- ziona, si profila all’orizzonte un tragico interrogativo: a quanti cenoni potrò partecipare? Potrò andare a sciare? E il Capodanno? Chi pensa al Capodanno? Sul tema mi sono già espresso con la lettera della settimana scorsa che ho inviato a Tommaso. Babbo Natale verrà comunque, per tut-ti. Su questo non ci piove. Eppure, se, nonostante le mie rassicurazioni, siete comunque in ansia, mi chiedo che cosa sia per voi il Natale. Lasciate che si preoccupi chi ne ha motivo: ristoratori, negozianti, baristi, albergatori, gestori di impianti di risalita… Per loro non sono tempi felici.
Estendiamo la riflessione: qual è la scala di grandezza della luminosità del vostro Natale? Il capitone? Lo struscio? Le bollicine di champagne ghiacciato? L’aperitivo in piazza a Cortina? Tutte cose che piacciono anche a me e che mi mancheranno. E chissà quanto non mancheranno ai poveri che, purtroppo, non le hanno mai vissute. Il punto è che il senso vero del Natale, della festa religiosa, non ci sarà portato via da nessun virus e da nessuna chiusura. Durante il primo lockdown la Pasqua è stata meno Pasqua? Direi di no. Anzi, abbiamo trovato nel mistero della morte e risurrezione di Cristo motivi ancora più validi per affrontare con fede le prove che ci mettevano all’angolo. Così, rivivere qui e ora l’evento della nascita di Gesù rischiarirà i nostri giorni.
Conte e i suoi ministri si stanno dando un gran daffare per stabilire le regole: numero massimo di parenti ammessi a tavola, spostamenti regolamentati, luculliane libagioni proibite. Non li invidio. Non è facile (non lo è mai stato) tradurre in norme le aspirazioni dei cittadini. Se poi essi non collaborano, diventa impossibile. Anche il presidente del Consiglio ci invita a «un Natale più spirituale», al di là di ogni illusoria libertà. Libertà di fare ciò che si vuole; libertà di bere Spritz gomito a gomito; libertà di ballare nel trenino di mezzanotte; libertà di assembrarsi per il countdown di san Silvestro. Come se la mancanza di queste cose facesse perdere il vero significato di una ricorrenza. Noi, invece, sappiamo che non lo perderemo. A patto di rendersi conto che, piaccia o no, il Covid è divisivo. Divide le opinioni, le categorie sociali, la Destra e la Sinistra. Separa i più garantiti dai meno garantiti. Ho visto, addirittura, lavoratori sull’orlo della chiusura prendersela con medici e infermieri perché questi ultimi, al termine della bufera, a-vranno comunque fatto salvo il loro impiego. Capite perché c’è il rischio che sia veramente un Natale diverso? Perché la meraviglia di un Dio che si fa bambino e viene in mezzo a noi per salvarci con la forza travolgente dell’amore, è messa in secondo piano. Vi fermerete in contemplazione davanti alla mangiatoia, ma solo con un Negroni in mano?

(*) direttore “Il Popolo” (Tortona)

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