C’è ancora molto da dire

Senza quasi fare rumore, ricordando “al contrario” la canzone vincitrice al Festival di Sanremo 2020, per la prima volta si avvia alla chiusura un settimanale diocesano del Triveneto. Si tratta di “Vita nuova”, della diocesi di Trieste. L’ultimo numero ha la data del 26 giugno e reca le brevi parole di saluto del direttore, don Paolo Rakic, con cui ho avuto il piacere di collaborare soprattutto quando abbiamo dovuto dare la notizia della morte del vescovo Ravignani, pastore sia della diocesi di Vittorio Veneto sia di Trieste

foto SIR/Marco Calvarese

Senza quasi fare rumore, ricordando “al contrario” la canzone vincitrice al Festival di Sanremo 2020, per la prima volta si avvia alla chiusura un settimanale diocesano del Triveneto. Si tratta di “Vita nuova”, della diocesi di Trieste. L’ultimo numero ha la data del 26 giugno e reca le brevi parole di saluto del direttore, don Paolo Rakic, con cui ho avuto il piacere di collaborare soprattutto quando abbiamo dovuto dare la notizia della morte del vescovo Ravignani, pastore sia della diocesi di Vittorio Veneto sia di Trieste. Nel sintetico testo pubblicato, don Rakic esprime sentimenti di gratitudine per la sua intensa esperienza alla guida del giornale, al quale si è dedicato con passione per alcuni anni. La notizia della chiusura di “Vita nuova” è giunta improvvisa ed è divenuta pubblica lo scorso 20 giugno: è stata comunicata dall’editore all’équipe del settimanale e si è poi diffusa rapidamente sui vari organi di stampa e sui social. Le motivazioni, senza troppi giri di parole, sono prevalentemente di carattere economico: il settimanale, nel corso del tempo, ha accumulato un cospicuo debito che mette in crescente difficoltà le casse della diocesi; l’attuale momento di incertezza, dovuto alla pandemia del Covid-19, ha complicato ulteriormente la situazione e ha accelerato, certo in modo del tutto repentino, la decisione di mettere “fine alla corsa”, come si legge sulla copertina dell’ultimo numero. “Vita nuova” giusto quest’anno celebrava i cento anni di storia.
Mauro Ungaro, direttore del vicino settimanale diocesano di Gorizia e presidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc), ha subito manifestato “preoccupazione e sorpresa” e, a nome dell’intera federazione, ha espresso vicinanza e solidarietà al direttore e ai cinque dipendenti (giornalisti, grafici e addetti dell’amministrazione), il cui posto di lavoro è ovviamente a rischio. Allo stesso tempo, ha ribadito “la disponibilità alla collaborazione per individuare percorsi che permettano a Vita nuova di proseguire nelle proprie pubblicazioni e nel proprio servizio della Parola e di testimonianza”. L’auspicio di Ungaro – ed è anche il nostro – è che si trovino delle soluzioni adeguate anche per i posti di lavoro a rischio e che la storia di Vita nuova possa continuare, probabilmente sotto altre forme: un formato cartaceo più snello? un settimanale solo digitale oppure solo on line? una collaborazione più stretta con un altro settimanale o con il quotidiano Avvenire? Nella speranza di positivi sviluppi circa queste prospettive, che probabilmente per “Vita nuova” sono ancora praticabili, questa vicenda per me “fa rumore” e mi pone una domanda molto seria: quale futuro per i settimanali diocesani? Sì, quale futuro. Quasi tutti hanno un importante passato, spesso ultracentenario. Ora però – anzi già da un po’ – è tempo di guardare oltre, soprattutto al futuro. Ciò richiede la capacità di mettersi in movimento, di cambiare, di rinnovarsi. Senza snaturare la propria identità, che è quella di dare voce, alla luce del Vangelo, alle comunità vitali e creative di un territorio. Sono convinto che i settimanali abbiano ancora molto da dire e che, proprio per questo, vadano sostenuti, in primo luogo dai propri lettori. Al tempo stesso, tuttavia, i settimanali – e mi riferisco a quanti in essi lavorano: dal direttore, ai giornalisti, sino ai collaboratori nei vari settori – sono chiamati ad onorare l’impegno di rinnovamento che questo tempo richiede, senza sconti e senza vie privilegiate. Attraverso questa “via stretta”, i settimanali potranno essere all’altezza del loro compito e potranno essere ancora voci autorevoli e significative all’interno del proprio territorio: voci che sanno ancora “fare rumore”.

(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)

Altri articoli in Italia

Italia