“Grazie, presidente Mattarella!”

I messaggi del presidente Sergio Mattarella in occasione della Festa della Repubblica di quest’anno meriterebbero di essere letti e riletti, da tutti, con molta attenzione. Anche da quanti sono scesi in piazza, in questi giorni, per inscenare delle manifestazioni dai toni per lo meno discutibili. Mi riferisco, in particolare, ai cosiddetti “arancioni”: non vanno liquidati con superficialità, perché, sebbene non fossero molto numerosi, esprimono un certo malessere che è reale nel nostro Paese e non va preso alla leggera.

(Foto: Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

I messaggi del presidente Sergio Mattarella in occasione della Festa della Repubblica di quest’anno meriterebbero di essere letti e riletti, da tutti, con molta attenzione. Anche da quanti sono scesi in piazza, in questi giorni, per inscenare delle manifestazioni dai toni per lo meno discutibili. Mi riferisco, in particolare, ai cosiddetti “arancioni”: non vanno liquidati con superficialità, perché, sebbene non fossero molto numerosi, esprimono un certo malessere che è reale nel nostro Paese e non va preso alla leggera. Le parole di Mattarella – mi riferisco in particolare al discorso del 1° giugno, in occasione del concerto dedicato alle vittime del Coronavirus – sono state pensate per questo preciso momento storico particolarmente “complesso”. Il Presidente ha invitato a fare memoria di quello che abbiamo vissuto in questi mesi e soprattutto a ricordare i volti e le persone che ci hanno lasciato. Ha rivolto inoltre un appello a tutta la Nazione perché affronti il futuro con un rinnovato spirito di unità, così come accadde all’indomani del 2 giugno del ’46, quando nacque la Repubblica e si iniziò a costruire un’Italia nuova. Il Presidente è ben consapevole che stiamo attraversando una fase estremamente delicata e per questo è necessario agire insieme e con senso di responsabilità. I timori per il futuro dell’economia (quella reale, cioè quella delle persone che rischiano di perdere il lavoro o di chiudere le proprie attività); le contraddizioni della politica italiana esacerbata da instabilità e tensioni crescenti…
E poi ancora: il clima di sospetto nei confronti di alcuni settori della magistratura (è di qualche giorno fa l’intervento di Mattarella proprio su questo tema); un diffuso senso di sfiducia nei confronti dell’Europa (e anche su questo Mattarella è intervenuto per richiamare i Paesi europei ad un’azione politica solidale in tempo emergenza Covid); le fatiche nella gestione dell’emergenza sanitaria, anche a causa di una certa dialettica tra Regioni e Governo che va certamente perfezionata (è la prima volta nella storia repubblicana che accade una cosa del genere)… Ebbene, tutto questo, se non è affrontato con intelligenza da chi ha delle responsabilità istituzionali, può rivelarsi estremamente pericoloso per il nostro Paese. «Non si tratta di immaginare di sospendere o annullare la normale dialettica politica – ha detto Mattarella il 1º giugno –. La democrazia vive e si alimenta di confronto fra posizioni diverse. Ma c’è qualcosa che viene prima della politica e che segna il suo limite. Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l’unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo». E ha soggiunto, subito dopo, ribadendo l’urgenza dell’unità e del superamento delle contrapposizioni: «Mi permetto di invitare, ancora una volta, a trovare le tante ragioni di uno sforzo comune, che non attenua le differenze di posizione politica né la diversità dei ruoli istituzionali. Siamo tutti chiamati a un impegno comune contro un gravissimo pericolo che ha investito la nostra Italia sul piano della salute, economico e sociale. Le sofferenze provocate dalla malattia non vanno brandite gli uni contro gli altri». Il Presidente ha richiamato, in conclusione, anche il decisivo ruolo dell’Europa: «Non siamo soli. L’Italia non è sola in questa difficile risalita. L’Europa manifesta di aver ritrovato l’autentico spirito della sua integrazione. Si va affermando, sempre più forte, la consapevolezza che la solidarietà tra i Paesi dell’Unione non è una scelta tra le tante ma la sola via possibile per affrontare con successo la crisi più grave che le nostre generazioni abbiano vissuto. Nessun Paese avrà un futuro accettabile senza l’Unione europea. Neppure il più forte. Neppure il meno colpito dal virus». I complottisti e negazionisti, risorgenti proprio ora che il Covid sembra quasi debellato, gli antieuropeisti, gli antagonisti di ogni estremismo… giudicheranno le parole di Mattarella come parole vuote, senza senso. Ma si sa, le prospettive equilibrate, che prefigurano percorsi faticosi con risultati non immediati, non sono amate dai populisti. Si preferisce chi grida di più o chi millanta di risolvere i problemi con un’azione perentoria e semplicistica. La realtà, però, non è questa. Lo si vedrà nei prossimi mesi. Nel mentre, anche noi – come tante altre persone in questi giorni, a Roma come a Codogno – esprimiamo il nostro grazie al presidente Mattarella per il suo pacato, ma deciso, appello all’unità.

(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)

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