Chi lascia la strada vecchia

I proverbi sono considerati un condensato di saggezza; il proverbio in questione sembra opporsi alle nuove s de. Eppure, il virus ha destrutturato sistemi economici, politici, culturali e religiosi tradizionali.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

I proverbi sono considerati un condensato di saggezza; il proverbio in questione sembra opporsi alle nuove s de. Eppure, il virus ha destrutturato sistemi economici, politici, culturali e religiosi tradizionali.
Di conseguenza, non si può che andare verso orizzonti nuovi. Durante il lockdown i parametri di spazio tempo sono cambiati, innanzitutto nelle nostre esperienze personali. La casa non è più un luogo di sosta fra le nostre attività freneti- che; è piuttosto un rifugio sicuro della nostra vita e luogo di esperienze di preghiera, di lettura, di comunicazione; aperto all’ospitalità, anche se virtuale. Il tempo non è più una risorsa scarsa,
è la nostra vita stessa; il suo impiego è determi- nato dal senso che ora
si è dimostrato come il valore da chiarire, in base al quale determinare le scelte.
La chiusura in casa ha determinato anche atteggiamenti meno positivi, quasi un controcanto. Coloro che incontria- mo sono guardati con sospetto: sono forse asintomatici? Lo stesso è per le popolazioni nelle quali è cresciuta la tentazione della chiusura nei con ni. Il sospetto è che i pericoli vengano sempre da fuori: il nemico è sempre stra- niero! In più, le istituzioni internazionali appaiono grigie, incapaci di governance nelle crisi recenti: la nanziaria del 2008 e la migratoria successiva. Nel frattempo, i mag- giori leader delle potenze mondiali si scambiano accuse e qualcuno addirittura fa progetti di protezionismo. Da noi la gente delle regioni che più esportano vota per partiti che tendono a chiudersi nei propri con ni. In Europa alcuni Stati, che erano sotto l’Urss, pur avendo ricevuto aiuti signi cativi ri utano le direttive dell’Unione. La globalizza- zione è stata un processo non dovuto a scelte politiche; gli Stati l’hanno subita e non sono stati in grado di gover- narla, a causa della totale libertà di mercato, soprattutto nanziario, delle potenze angloamericane. L’Unione Euro- pea sta prendendo coscienza dei rischi che corre, stretta fra la Cina e gli Usa, e capisce che solo una maggiore solidarietà interna la può aiutare. Francia e Germania,
gli Stati più forti dell’Unione, hanno raggiunto un’intesa sul recovery fund per un valore di 500miliardi di euro per il breve termine, anche se si prospettano opposizioni da parte di Paesi meno esposti, come Olanda e Austria. Si ipotizzano, inoltre, soluzioni di lungo termine, con riforme per un ulteriore sviluppo. All’origine di queste iniziative si riconosce lo spirito originario dell’Ue, fatto di volontà di pace, di solidarietà e di collaborazione.
Dobbiamo ritrovare il senso dell’Unione Europea.

(*) direttore “Il Momento” (Forlì)

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