Follie d’amore

 “Forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!” (Ct 8,6): uno dei punti vertice del libro biblico che canta l’amore, il Cantico dei Cantici - recentemente un po’ svisato da Benigni che, esperto forse di testi danteschi ma un po’ meno di testi biblici, pur ben definendolo “la più bella canzone d’amore” e “il libro del desiderio e non del possesso”, lo riduceva poi ad emblema del “libero amore” - ci dà la misura estrema della potenza di questo sentimento che avvolge la vita dell’uomo e lo avvicina alla vita di Dio, ma ne rivela anche la fragilità e il limite.

foto SIR/Marco Calvarese

 “Forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!” (Ct 8,6): uno dei punti vertice del libro biblico che canta l’amore, il Cantico dei Cantici – recentemente un po’ svisato da Benigni che, esperto forse di testi danteschi ma un po’ meno di testi biblici, pur ben definendolo “la più bella canzone d’amore” e “il libro del desiderio e non del possesso”, lo riduceva poi ad emblema del “libero amore” – ci dà la misura estrema della potenza di questo sentimento che avvolge la vita dell’uomo e lo avvicina alla vita di Dio, ma ne rivela anche la fragilità e il limite. “Il gioco, l’amore e la follia” – tema scelto per il Carnevale di Venezia – interpreta il gioco carnevalesco proprio alla luce dell’amore e insieme agli esiti della follia (almeno …un pizzico) di cui si sostanzia. L’esito estremo dell’amore ce lo rivela infatti la “follia della croce”; ma di tante altre follie, meno nobili e redentive, l’amore è all’origine. Eppure l’amore, nella sua plurivocità e ricchezza, alla fine può e deve sempre trionfare. L’amore in tutti i suoi aspetti, dall’eros alla filia all’agape, in un crescendo che coinvolge ogni persona e ogni evento, perché al culmine sta, appunto, l’Amore divino a cui ogni amore umano anche inconsapevolmente tende. Ciò che riscalda il mondo e la vita, accendendo come un fuoco divino, si traduce in grandi imprese quando diventa forza creatrice e rigenerante, ma rischia anche fallimenti quando, degenerando, si riduce all’amore di sé senza apertura all’altro. Un’apertura che si esprime in tante forme e che può tenere desta la fiamma dell’amore in ogni circostanza. Anche la sollecitudine per limitare i rischi del Coronavirus (Covid-19) parte dall’amore, mentre i pregiudizi che ostracizzano un popolo peccano di grettezza. Lodevole l’intuizione della Fondazione Levi che, proprio a Venezia, in quest’ultima domenica di Carnevale, propone in collaborazione con il Conservatorio un “Concerto per la Cina” (a ingresso libero, fino ad esaurimento dei posti): un gesto significativo che apre alla speranza e semina comprensione e accoglienza. Ma altri gesti, quotidiani e ordinari, come pure estemporanei e inattesi, estremi e “folli”, rivelano la forza pervasiva dell’amore redentivo che lenisce le sofferenze e rilancia la speranza. Così anche la fine del Carnevale ha il suo naturale esito nella Quaresima; anzi è questa stessa, storicamente, a generarlo: più della follia delle maschere può infatti la “follia della croce”, quella che traduce l’amore fino in fondo nell’oblazione totale di sé, nell’essere per l’altro e per gli altri. Discorsi certamente lontani dalla gaiezza frivola del Carnevale, ma resi stranamente attuali e concreti proprio da un tema proposto per gioco, che mette insieme “amore e follia” e provoca ad applicarli nelle scelte di ogni giorno, senza troppi calcoli e con la più grande apertura di mente e di cuore. Quella che Benigni definiva la “vetta della poesia di tutti i tempi” ci parla di un amore che attende sempre un compimento.

 

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)

 

 

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