Fare memoria è nostra responsabilità

“Da anni mi sento chiedere: “Come è potuto accadere tutto questo?”. Rispondo con una sola parola, sempre la stessa. Indifferenza”. È una delle frasi che si trovano nelle pagine conclusive di “La memoria rende liberi – La vita interrotta di una bambina nella Shoah” di Liliana Segre ed Enrico Mentana, Rizzoli editore, libro che ho letto recentemente e che può essere molto utile per combattere “l’indifferenza”, quel virus che secondo la senatrice a vita Liliana Segre, ebrea, una dei pochi superstiti e testimoni di Auschwitz e dell’Olocausto, rischia di infettare in modo gravissimo il tessuto sociale, politico e culturale anche del nostro Paese.

“Da anni mi sento chiedere: “Come è potuto accadere tutto questo?”. Rispondo con una sola parola, sempre la stessa.
Indifferenza”.
È una delle frasi che si trovano nelle pagine conclusive di “La memoria rende liberi – La vita interrotta di una bambina nella Shoah” di Liliana Segre ed Enrico Mentana, Rizzoli editore, libro che ho letto recentemente e che può essere molto utile per combattere “l’indifferenza”, quel virus che secondo la senatrice a vita Liliana Segre, ebrea, una dei pochi superstiti e testimoni di Auschwitz e dell’Olocausto, rischia di infettare in modo gravissimo il tessuto sociale, politico e culturale anche del nostro Paese.
Per chi conosce la tragedia della Shoah il libro è un’ulteriore testimonianza di come il Male possa devastare l’umano, per chi fino ad ora si è tenuto alla larga da “certi argomenti” la storia di questa bambina ebrea che a 13 anni vede sconvolta per sempre la propria esistenza dall’arresto suo e dei suoi cari per la sola “colpa” di essere nati ebrei, può essere un modo per intuire quanto profondo è stato quell’abisso di Male e così prepararsi adeguatamente alla Giornata della Memoria che celebriamo dal 2001 ogni 27 gennaio.
C’è una parola chiave che fa da filo rosso nel libro ed è “Memoria”. La rimozione delle crudeltà, delle violenze inimmaginabili, dell’abbrutimento calcolato e voluto dagli aguzzini dei campi di concentramento è stata per anni e anni il solo modo per la Segre e per tante e tanti come lei per sopravvivere a questo Male inaudito che per tanto tempo li ha annientati come donne e uomini. Anche lei, per molti anni, ha sepolto la memoria di tutto questo, l’ha soffocata per cercare di sopravvivere e ha custodito i ricordi in un silenzio inaccessibile a chiunque. Poi quel numero “75.190” tatuato per sempre sul braccio ha ricominciato a parlare e lei non ha più potuto tirarsi indietro dal testimoniare quegli orrori per fare in modo che non si dimentichi.
Le ricchezze che servono a un Paese per crescere sono tante. Alcune in particolare sono assolutamente essenziali.
La memoria è senza dubbio una di queste. Essa contribuisce in modo decisivo alla qualità di vita presente e futura. C’è futuro difficile per un popolo che non ha una memoria condivisa del passato. La condanna della violenza antisemita e razzista dei campi di concentramento è uno delle pietre su cui si è costruita la nostra democrazia e non è né di destra né di sinistra.
Mentre leggevo il libro della Segre mi rendevo conto che oramai i sopravvissuti alla Shoah sono molto pochi e tra non molto non ci saranno più.
Ora dunque, tocca a noi. Sempre più, la responsabilità di questa memoria è nostra. Tocca a ognuno di noi dunque , in famiglia, con i propri figli, con i giovani innanzitutto, alimentare il ricordo di quella tragedia. È l’unico modo serio e credibile per coltivare un futuro diverso e fare in modo che i fantasmi del passato non ritornino.

(*) direttore de “La Voce dei Berici” (Vicenza)

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