Rapporto 2018

Sanità. Il Ssn compie 40 anni fra tagli ai posti letto, insufficienza di personale, invecchiamento della popolazione. E avanza il privato

Dalle 695 Usl del 1978 alle 101 Asl attuali; dai 500mila posti letto dei primi anni Ottanta ai poco più di 200mila di oggi. Il Rapporto Sanità 2018 fotografa i 40 anni dalla nascita del Ssn tra contesto demografico e articolazione territoriale, offerta ospedaliera, operatori sanitari e mobilità interregionale

L’istituzione del Ssn (Servizio sanitario nazionale) con la legge 833/1978, la riforma dei primi anni ’90, il passaggio al federalismo sanitario, l’assetto attuale. Sono i quattro punti cardine intorno ai quali ruota il “Rapporto sanità 2018 – 40 anni del Servizio sanitario nazionale” elaborato da Nebo Ricerche Pa su dati dei ministeri della Salute e dell’Economia e delle finanze. Non propriamente roseo lo scenario delineato, tra servizi sanitari – inclusa l’assistenza ospedaliera – virati sempre più verso l’ambito privato, insufficienza di personale del Ssn, scarsità di medici di base, esodi di pazienti verso strutture di altre regioni, il tutto in un contesto demografico caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione. “Nel corso degli ultimi anni – si legge nel Rapporto – sono stati da più parti sottolineati come urgenti gli interventi da intraprendere” per contrastare questi fenomeni.

Nel report vengono ricostruite le mappe territoriali a partire dal primo elenco di Unità sanitarie locali (Usl) pubblicato nella Relazione sullo stato sanitario del Paese relativa al triennio 1981-1983, nella quale si contano 695 Usl, ridotte alle 101 Aziende sanitarie attuali, che dalla riforma del 1993 comprendono anche le Aziende ospedaliere, i Policlinici e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) pubblici. Dal Rapporto emerge inoltre che

in questi quattro decenni è stata abbattuta più della metà dei posti letto (da oltre 500 mila a poco più di 200 mila) e dimezzata la durata media dei ricoveri (da quasi 13 giorni a meno di 7).

Un ridimensionamento che ha riguardato in particolare le aree delle specialità mediche, chirurgiche e materno-infantili, “solo in minima parte – si legge nella ricerca – compensato dall’aumento di letti per terapia intensiva, riabilitazione e lungodegenza”. Passati da quasi 70mila a meno di 5mila i letti di psichiatria, secondo il percorso avviato dalla legge Basaglia del ’78.

E l’assistenza ospedaliera diventa sempre più privata:

oggi a livello nazionale il rapporto tra posti letto privati e pubblici è di 1 a 4 contro l’1 a 6 di 40 anni fa

con un’evidente eterogeneità fra le regioni: mentre in Liguria e in Basilicata si rileva un letto privato ogni 19 pubblici, in Campania e in Calabria si arriva a contare un posto letto privato ogni due pubblici. Ulteriore caratteristica, l’aumento di assistiti, soprattutto al sud – in particolare da Puglia e Calabria – che ricorrono a ricoveri ospedalieri fuori dalla propria regione. Tra le più gettonate Lombardia ed Emilia Romagna, alle quali si aggiunge la Toscana.

Per quanto riguarda gli operatori, l’ultima rilevazione del Conto annuale del personale (2016) indica in

circa 104.500 medici e quasi 262.500 infermieri le risorse su cui può contare il Ssn,

complessivamente 367mila professionisti dipendenti

Quasi 70mila in più rispetto all’esordio, numero tuttavia inadeguato di fronte all’aumento della popolazione e soprattutto al suo invecchiamento. Ma a livello territoriale anche questo quadro non è omogeneo: se la media nazionale è di 17 medici ogni 10mila abitanti, nel Lazio i medici sono soltanto 13 ogni 10mila contro i 26 della Sardegna. Così come la presenza di infermieri in Friuli Venezia Giulia è doppia rispetto alla Campania.

Intanto i 53mila medici di base si trovano a fronteggiare assistiti sempre più anziani e sempre più spesso anche pazienti in età pediatrica. Complessivamente, dunque, il numero di operatori rispetto agli abitanti risulta in calo a livello medio nazionale e in quasi tutte le regioni, in particolare in quelle settentrionali, mentre il quadro demografico evidenzia il progressivo aumento dell’indice di vecchiaia e della speranza di vita, quest’ultima salita di ben 8 anni nell’arco dei quarant’anni descritti.