Il vocabolario della società / 1

Cosa si intende per popolo? Quando le persone condividono una storia comune

Con questo primo contributo avviamo una riflessione a puntate per accompagnare con un piccolo “vocabolario” la crisi politica e istituzionale che stiamo attraversando, al fine di comprendere meglio i termini che maggiormente vengono utilizzati

Secondo K.W. Deutsch il “popolo” è un gruppo di individui che hanno alcune caratteristiche obiettive in comune, per esempio la lingua, la storia, la residenza. Se poi il popolo vive in uno Stato proprio, l’Autore parla di “nazione” e definisce “nazionalità” quando il popolo si mobilita verso la propria autonomia politica, economica e culturale.

Ma è C. Pan a dare una definizione più completa del significato di popolo considerando cinque aspetti che lo riguardano: una unione di molta gente, la popolazione di un territorio, lo strato inferiore di una popolazione, una nazione oppure una comunità etnico-linguistica. In molte definizioni della sociologia contemporanea viene richiamato l’elemento culturale e in particolare quello linguistico: popolo diventa quindi l’insieme di persone che condividono una storia comune, spesso tramandata e con varie simbologie, che personificano la nazionalità. Con altre parole si condivide una lingua e una storia e così si crede di essere un gruppo distinto dagli altri.

Per tale motivo

la sociologia si concentra maggiormente sulla costruzione nazionale e cerca di comprendere cosa determini l’identificazione di un popolo.

La storia mostra infatti come nuove nazioni emergano e altre scompaiono e in maniera semplice sarebbe possibile dire che le nazioni sono costruite quando un gruppo condivida gli elementi usati per identificare la nazione, ossia la lingua, la storia, la coscienza etc. Ma se invece si volesse approfondire e spiegare il processo attraverso cui si può giungere alla condivisione di alcuni elementi piuttosto che altri, si scopre quanto sia complesso il ragionamento. F.S.C. Northrop ritiene che per avere unità nazionale la società dovrebbe identificarsi nella condivisione di norme comuni e tale condivisione deriva dal riconoscimento di alcuni principi ideologici e nella adesione a essi.
D. Katz invece individua come basi psicologiche del nazionalismo le situazioni di mobilitazione della popolazione (simbolicamente o empiricamente) e la quantità di coinvolgimento emozionale nelle credenze.

Il condizionamento emozionale e comportamentale ad alcuni simboli (ad esempio l’alza bandiera o il tifo per la squadra nazionale), la formazione di un concetto di sé inclusivo dell’identità nazionale come popolo (che considera come ambiti propri l’idea di famiglia, il modo di insegnare ad esempio), la compensazione di conflitti interni identificando un gruppo bersaglio (gli immigrati o la popolazione romanì ad esempio) oppure coinvolgendo strumentalmente nella struttura nazionale (ad esempio in Parlamento) parti della popolazione, tutto ciò fa il resto e determina processi che arrivano a far sorgere e mantenere aspetti di nazionalismo.

In tale maniera il cittadino grazie alla scuola e ai mass media ad esempio, si forma un concetto di sé come inclusivo della identità nazionale. Ma vi sono anche delle forze che possono facilitare il processo di integrazione nazionale a livello sociale. Il popolo si riconosce nel bisogno di protezione (di sé, del proprio territorio, del proprio lavoro) e nell’identificazione in cause che trascendono se stessi (ad esempio “no treno” o “fuori dal sistema”), oppure, infine, nell’associazione a oggetti sacri (la casa, la religione, la terra etc.). Ma quanto citato sono elementi che dovrebbero far creare non tanto divisione e discriminazione, quanto un sentimento di appartenenza soprattutto in assenza di una base nazionale valoriale comune a tutti i residenti.