Investire nel futuro dell’Europa

Un fantasma si aggira in Europa, non più quello defunto del comunismo evocato da Marx nel 1848, ma un nuovo spettro che, come allora, sembra fare paura alle cancellerie europee, timorose di avventurarsi in mare aperto, impaurite dalle molte tempeste che lo scuotono. Il fantasma è quello della Conferenza sul futuro dell’Europa, proposta dal presidente francese Emmanuel Macron, rilanciata dal Parlamento europeo e dalla Commissione e adesso arenata sui bassi fondali del Consiglio europeo dal quale si attende la convocazione.

(foto SIR/European Parliament)

Un fantasma si aggira in Europa, non più quello defunto del comunismo evocato da Marx nel 1848, ma un nuovo spettro che, come allora, sembra fare paura alle cancellerie europee, timorose di avventurarsi in mare aperto, impaurite dalle molte tempeste che lo scuotono. Il fantasma è quello della Conferenza sul futuro dell’Europa, proposta dal presidente francese Emmanuel Macron, rilanciata dal Parlamento europeo e dalla Commissione e adesso arenata sui bassi fondali del Consiglio europeo dal quale si attende la convocazione.

L’apertura della Conferenza era prevista nel corso del semestre di presidenza tedesca e la conclusione nel primo semestre del 2022 sotto presidenza francese, un calendario politicamente studiato bene, ma inceppatosi nel corso del 2020, anno della pandemia e di molti altri problemi per l’Unione europea, afflitta da priorità ritenute più urgenti. Come la lotta alla pandemia, l’adozione del bilancio comunitario  pluriennale 2021-2027 e la messa in cantiere di uno straordinario Recovery Fund grazie alla creazione di un debito comune europeo.

E così tra gli affanni della lotta al Covid-19 e i contrasti per l’adozione di una linea condivisa di rilancio dell’economia europea, in recessione ovunque, la proposta di un Forum destinato a disegnare il futuro dell’Ue è stato rinviato a data da destinarsi. L’ambizione era quella di animare un vasto dibattito per individuare le politiche da rafforzare e quelle nuove da affidare alle Istituzioni europee dotate di competenze allargate, senza escludere l’avvio di un cantiere sensibile, come quello di una ormai inevitabile riforma dei Trattati, dopo quello in vigore di Lisbona, vecchio di più di dieci anni durante i quali il mondo e l’Europa sono cambiati.

È comprensibile che la presidenza tedesca avesse già abbastanza altre grane da affrontare, per l’Unione e per la Germania prioritarie, come l’economia e il futuro del commercio internazionale alla vigilia dell’arrivo al potere di Joe Biden, al punto anche da precipitare all’ultimo minuto della presidenza un discutibile accordo con la Cina poco gradito per il Parlamento europeo come anche, per ragioni in parte diverse, alla nuova Amministrazione Usa.

Adesso toccherà alla presidenza portoghese di turno, in questo primo semestre dell’anno, provare a rimettere quella potenziale locomotiva di futuro sui binari. Non che nel frattempo non sia successo niente: c’è già molto futuro nelle decisioni del Consiglio europeo del 21 luglio scorso, altro se ne annuncia nelle iniziative che la Commissione sta sviluppando nella lotta alla pandemia e altro ancora nel confermato impegno per coraggiose politiche ambientali, cui aderirà anche Joe Biden.

Sono tutte iniziative che hanno però bisogno di essere inserite in una prospettiva di più lungo periodo, valutando le potenzialità di crescita di una sovranità europea a rafforzamento di quelle nazionali, chiaramente in difficoltà, cogliendo anche la svolta, malinconica ma liberatoria, di Brexit, le cui conseguenze potrebbero incitare a una ripresa di “federalizzazione” dell’Unione.

Per fare questo non basta l’indispensabile ripartenza economica e sociale affidata al Recovery Fund, è necessaria anche una rifondazione dell’Unione che non può più essere solo quella coraggiosa dei primi Anni ‘50, ma deve adesso cambiare paradigma dopo le lezioni impartite dalle recenti crisi interne all’Ue e dalle sfide che le provengono dall’esterno da attori globali, o pretesi tali, come Cina, Usa, Russia e perfino Turchia.

In questo quadro l’attesa conferenza non sarà certo la pozione magica, ma un buon ricostituente necessario per dare speranza in questi tempi difficili.

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