Europa, l’ora della solidarietà

"Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse”. È questo il passaggio del recente video-discorso di Mattarella – quello di “Giovanni, neanch’io sono stato dal barbiere” per intenderci – che ha colpito maggiormente i media e l’opinione pubblica non solo italiana: una tirata d’orecchi al modo in cui l’Europa si sta muovendo in questa fase complessa e segnata dolorosamente dal contagio Covid- 19

(Foto: Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

“Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse”. È questo il passaggio del recente video-discorso di Mattarella – quello di “Giovanni, neanch’io sono stato dal barbiere” per intenderci – che ha colpito maggiormente i media e l’opinione pubblica non solo italiana: una tirata d’orecchi al modo in cui l’Europa si sta muovendo in questa fase complessa e segnata dolorosamente dal contagio Covid- 19. Pur riconoscendo che nell’Unione europea la Banca centrale e la Commissione “hanno assunto importanti e positive decisioni finanziarie ed economiche, sostenute dal Parlamento europeo”, il Presidente della Repubblica ha messo in chiaro che “non lo ha ancora fatto il Consiglio dei capi dei governi nazionali” e che pertanto “ci si attende che questo avvenga concretamente nei prossimi giorni”. Parole di questo tenore, pronunciate da un moderato e da uno strenuo difensore delle istituzioni europee, non potevano passare inosservate. In realtà portano alla luce alcuni nodi problematici nelle relazioni tra Stati europei e chiedono urgentemente un cambio di passo e l’assunzione di una logica impostata ad un maggiore senso di unità e di solidarietà.
In pericolo è certo la salute degli europei, minacciata dal contagio, ma anche la tenuta dell’Unione europea, minacciata da una tensione sempre più forte: da una parte i Paesi del Nord (Germania e Olanda in testa) decisi a mantenere in vigore i rigidi criteri stabiliti prima della crisi; dall’altra i Paesi del Sud (Italia e Spagna come capofila) le cui economie in sofferenza chiedono più flessibilità e la possibilità di fare debito per affrontare l’emergenza. La Francia sembra indecisa a quale dei due schieramenti appartenere, mentre i Paesi dell’Est sembrano giocare un’altra partita, mossi da altri interessi (vedi Orban in Ungheria). A spingere Sergio Mattarella ad intervenire sono stati alcuni passi “falsi” dell’Unione che hanno provocato effetti negativi a vari livelli. Mi riferisco in particolare alle parole di Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea (Bce): “Noi non siamo qui per accorciare gli spread. Non è questa la funzione né la missione della Bce”. Traducendo, la Lagarde ha dato l’impressione ai mercati finanziari che la Bce, anche in una fase così straordinaria, non sia affatto disposta a difendere la stabilità dei conti dei Paesi economicamente più fragili (come l’Italia): tanto è bastato perché la borsa di Milano perdesse 17 punti percentuali. Si aggiungano poi gli interventi non così lineari della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che da un lato proclama: “Siamo tutti italiani” e “Faremo tutto quello che è necessario”, ma dall’altro mostra di non essere molto disponibile ad avallare l’ipotesi dei Coronabond o Eurobond (uno strumento finanziario per consentire agli Stati europei più in difficoltà di accedere a nuove risorse economiche grazie all’intervento solidale degli altri Paesi dell’Unione). La lentezza con cui la Commissione intende decidere su tale questione (si è data due settimane!) non è un buon segno: l’economia italiana è già in grave difficoltà e ha bisogno al più presto di un concreto sostegno per scongiurare l’aggravarsi della crisi. In questa situazione gli antieuropeisti di casa nostra – ma anche quelli degli altri Paesi europei – spudoratamente gongolano: l’occasione ghiotta di un “Italexit” (l’uscita dell’Italia dall’Unione) finalmente viene loro offerta su un piatto d’argento. Curioso il fatto che siano proprio loro in questi giorni a gridare che “l’Europa non ci aiuta” o “dov’è l’Europa?”: non si avvedono di rimarcare, in modo paradossale, che proprio di quell’aiuto e di quella presenza abbiamo bisogno per uscire dal periglioso guado in cui l’Italia – ma anche gli altri Paesi – si trovano. “Nessuno si salva da solo”. Lo ha ripetuto papa Francesco venerdì sera in piazza San Pietro ed è una delle verità più evidenti e reali che ci possano essere e che vale anche per le scelte politiche europee. L’Europa è ad un tornante decisivo: o assume fino in fondo il principio di solidarietà del “nessuno si salva da solo” o rischia di perdersi. E con essa anche i singoli Paesi, a cominciare da quelli dalle economie più fragili. Sovranisti compresi.

(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)

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