
Il pulmino della Caritas Polska arrivato la mattina del mercoledì 2 maggio nel cortile vaticano per ricevere la speciale benedizione di Papa Francesco segna l’inizio di un’avventura che nel 100° anniversario dell’indipendenza della Polonia, dopo aver attraversato un centinaio fra villaggi e città polacche, si concluderà a fine agosto allo stadio di Varsavia con un grande raduno del volontariato.
- (Foto Vatican Media/SIR)
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Don Marcin Izycki, direttore della Caritas polacca, sottolinea al Sir il potenziale delle associazioni diocesane, parrocchiali e quelle istituite in molte scuole su tutto il territorio del Paese. “Come membri di Caritas Europa vogliamo essere leader della Young Caritas nella parte centrorientale del continente, mostrando i nostri progetti e le nostre iniziative a favore dei bambini, degli anziani, delle persone bisognose”, afferma, sottolineando che Caritas Polska “accompagna centinaia di migliaia di polacchi lungo tutta la loro vita attraverso le opere di misericordia” alle quali però “dovrebbero partecipare sempre più giovani volontari”. La Caritas polacca è molto presente non solo sul territorio nazionale: “Lavoriamo in molte parti del mondo, abbiamo appena terminato la costruzione di una mensa in Venezuela, aiutiamo diversi Paesi dell’Africa dove operano i nostri missionari, e siamo pronti ad agire nei casi di catastrofi naturali”, racconta don Izycki. Nel corso dell’incontro in Vaticano è stato presentato a Papa Francesco il progetto per portare attraverso tutta la Polonia l’effigie della Madonna di Aleppo, affinché i fedeli, pregando davanti all’immagine della Madre di Dio, aiutino la martoriata Siria “dove – dice il sacerdote – la guerra non sarebbe mai dovuta iniziare, e invece dura più di tanti altri conflitti”.
Qual è l’impegno della Caritas polacca per la Siria?
A favore degli abitanti di Aleppo negli ultimi quindici mesi abbiamo trasferito come Caritas Polska attraverso le Chiese che operano in Siria oltre 7 milioni di euro (30 milioni Pln, zloty polacco). Questi soldi sono stato destinati principalmente all’acquisto di derrate alimentari, combustibile per riscaldare le case d’inverno, capi di abbigliamento e altre cose necessarie. Ma sul posto stiamo realizzando anche ulteriori progetti. Ad Aleppo abbiamo attivato il centro Hope Center dove i siriani stessi che vi lavorano verificano le richieste e i progetti di finanziamento che poi arrivano a noi. Nella speranza che la guerra in Siria finisca presto abbiamo attivato il programma dei sussidi alle piccole imprese come panifici, botteghe di calzolai o negozi di ottica. Abbiamo già più di 100 richieste di sussidi il cui ammontare non supera i 5mila dollari. Il contributo deve permettere agli abitanti della Siria di iniziare la realizzazione di un proprio progetto ma d’altro canto non vorremmo che le persone si abituino a ricevere dei finanziamenti da fuori annullando il proprio spirito imprenditoriale. E poi abbiamo i bambini… In Medio Oriente non ci sono “orfani”, nel senso che se non ci sono genitori dei bambini, se ne occupano i parenti. Ciò nonostante cerchiamo di aiutare quei bambini che avevano perso i genitori, assicurando dei mezzi perché abbiano di che coprirsi e possano continuare la loro educazione. Ogni mese inviamo a Beirut circa 2 milioni di zloty (poco meno di 500mila euro, ndr) e lì le otto Chiese cristiane presenti sul posto – delle quali abbiamo piena fiducia conoscendo i loro vescovi – distribuiscono i nostri contributi.
Da dove vengono questi fondi?
Tutti i soldi destinati alla Siria provengono dalle offerte delle famiglie e delle parrocchie. Il programma “Famiglia a famiglia” prevede che una famiglia o una parrocchia in Polonia adotti per almeno 6 mesi una famiglia siriana. Il versamento mensile è pari a 510 Pln (poco più di 120 euro). Chi non può erogare tale somma regolarmente, comunque ha la possibilità di versare anche un solo contributo, in relazione alla propria situazione. Della raccolta di fondi parlano i parroci alle rispettive comunità e poi distribuiscono il nostro materiale dedicato al progetto; ma abbiamo raccolto molte risorse anche grazie ai concerti dei canti natalizi o al termine degli spettacoli del Mistero pasquale che abbiamo organizzato appositamente per la Siria.

(Foto Vatican Media/SIR)
Il progetto “Famiglia a famiglia” presupporrebbe dei legami tra coloro che aiutano e quelli che vengono sostenuti. Questo nella situazione attuale è possibile?
Diciamo che i legami diretti, a causa della terribile guerra in atto, per ora sono tecnicamente molto difficili. Possiamo solo pubblicare sul nostro sito le informazioni e delle foto che ci vengono inviate.
L’episcopato appoggia fortemente l’idea dei corridoi umanitari per i siriani…
Caritas Polska ha già aperto un piccolo corridoio umanitario. Alcune diocesi come quella di Opole ospitano dei profughi dalla Siria che però spesso non vogliono stabilirsi in Polonia e preferiscono andare in altri Paesi. Il loro numero pertanto non è fisso. Possiamo parlare di alcune decine di persone. Io nel mio ufficio ho dato lavoro a due ragazzi siriani. Entrambi poco più che ventenni sono venuti insieme a noi a Roma e hanno parlato con il Papa raccontandogli la loro vita. Noi cerchiamo di aiutare i profughi nella ricerca di abitazione, di un lavoro e anche nello studio, ma le decisioni in materia di corridoi umanitari non spettano a noi, bensì ai governanti.