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(Re)thinking Europe. “Gli egoismi nazionali indeboliscono l’Europa”. Weber (Parlamento Ue): è ancora tempo di solidarietà

Si avvicina l'appuntamento in Vaticano intitolato "(Re)thinking Europe" (27-29 ottobre). Il "dialogo" promosso da Comece e Santa Sede cade in una fase di grandi tensioni, fra Brexit, questione catalana, nazionalismi diffusi e chiusure sul versante migratorio. Il capogruppo dei Popolari a Strasburgo invita a tornare ai valori originari della Comunità, senza peraltro sottovalutare le enormi sfide che il Vecchio continente ha oggi di fronte a sé

Mandred Weber, eurodeputato tedesco, capogruppo Ppe

Il “dialogo” intitolato “(Re)thinking Europe”, promosso per il 27-29 ottobre in Vaticano da Comece – Commissione degli episcopati della Comunità europea – e Santa Sede proporrà diversi temi e occasioni di confronto. Il programma segnala infatti tre dibattiti principali (“Integrazione – Costruire ponti tra e all’interno degli Stati membri”; “Dialogo – Lo stato della democrazia in Europa”; “La forza per creare – Quale economia per l’Europa in un mondo in costante cambiamento?”), 18 workshops, relazioni e tavole rotonde, fino all’udienza con Papa Francesco. Numerosi i partecipanti da tutto il continente, fra i quali Manfred Weber, bavarese, eurodeputato tedesco e capogruppo dei Popolari al Parlamento Ue. Gli abbiamo posto alcune domande in vista di “(Re)thinking Europe”.

Partiamo dal tema sul quale lei sarà direttamente chiamato a intervenire. Qual è, a suo avviso, lo stato di salute della democrazia oggi in Europa?
Ciò che occorre capire oggi, a mio avviso, è se l’Europa si colloca ancora in un contesto pienamente democratico oppure se è nelle mani dei populisti e dei radicali. A questo proposito, se vogliamo davvero difendere la democrazia europea, elemento altrettanto importante oltre alla cooperazione tra Francia e Germania, è che il “cuore” della futura Europa pulsi nel suo centro, ovvero il Parlamento europeo. A tal fine

dobbiamo fare in modo che l’Ue sviluppi un’autentica democrazia parlamentare.

Ciò richiederebbe che i capi di Stato e di governo e il presidente della Commissione Juncker assegnassero al Parlamento europeo un diritto informale – e a medio termine un diritto formale – d’iniziativa legislativa. È uno scandalo democratico che la Commissione europea talvolta semplicemente ignori le decisioni del Parlamento, come quella della sospensione dei colloqui con la Turchia. L’Ue deve diventare una democrazia viva e questo sarà possibile attraverso il Parlamento europeo.

Il valore fondativo della solidarietà sembra essere messo in discussione, tante volte negato dai comportamenti di alcuni governi: basterebbe pensare al nodo dell’accoglienza dei migranti. L’Ue ha creato, nella sua storia, “ponti” tra i popoli e gli Stati membri. È ancora tempo di solidarietà nell’Unione?
È vero che la crescita dell’egoismo nazionale in vari Stati membri sta indebolendo il principio di solidarietà, che è un pilastro fondamentale dell’Unione europea e stava molto a cuore ai “padri fondatori”. Vediamo che si sta sviluppando una nuova forma di nazionalismo. Trovo che questo sia preoccupante. Dobbiamo sottolineare che l’egoismo nazionale – ma anche quello regionale – non rappresenta mai una soluzione per dare risposte concrete alla vita quotidiana delle persone. Eppure la solidarietà esiste ancora. Senza la solidarietà della Francia, la sicurezza del nostro continente sarebbe a rischio. La Germania sta contribuendo in modo proporzionale al bilancio e alla politica di coesione dell’Ue. E il ruolo dell’Italia nella gestione della crisi migratoria è fondamentale.

Sì, parliamo di migrazione…
Per quanto riguarda il caso specifico della migrazione, dobbiamo sottolineare che tutti gli Stati membri dovrebbero contribuire allo sforzo di offrire un rifugio sicuro ai profughi che fuggono dalle guerre. Al tempo stesso, dobbiamo proteggere meglio le nostre frontiere esterne e combattere i trafficanti in modo più efficiente. A mio avviso il centrodestra europeo ha un ruolo importante da svolgere nel ripetere e mettere in pratica il messaggio di Papa Francesco a questo proposito.

La crisi economica dell’ultimo decennio ha contributo a mettere in crisi il “sogno europeo”. Lei come vede il futuro dell’economia in Europa in relazione al fenomeno della globalizzazione e a un mondo in continuo e rapido cambiamento?
Ciò che è chiaro oggi è che, di fronte alla globalizzazione, le nazioni europee non hanno alcuna possibilità se rimangono sole. Italia, Francia, Spagna, Germania: neanche le nazioni europee più forti saranno in grado di difendere lo stile di vita europeo se non siamo uniti. I Paesi più piccoli hanno bisogno di una solidarietà ancora maggiore. Sono fortemente convinto che, soprattutto oggi, il concetto dell’economia sociale di mercato rimane pienamente valido. I pensatori che hanno elaborato questo concetto, Alfred Müller-Armack e Wilhelm Röpke, si sono molto ispirati al pensiero cristiano nel modo in cui lo hanno sviluppato. Questa è l’idea che noi, cristiano democratici europei, stiamo cercando di portare avanti.

Si parla, in questa fase, di populismi, nazionalismi, separatismi anche rispetto alla vicenda catalana. Lei più volte si è espresso sul tema. Quale possibile soluzione intravvede?
La questione che ci troviamo ad affrontare è molto semplice: la gente vuole vivere al riparo di un muro o è disposta a vivere insieme in una comunità di valori?

Non puoi far parte di una comunità se pretendi di scegliere soltanto quello che ti piace.

Questo è ciò che gli inglesi stanno cominciando a capire. Lo stesso vale per la Catalogna: lasciare la Spagna significherebbe lasciare l’Unione europea, l’eurozona, Schengen… A mio avviso, i veri patrioti sono gli europeisti convinti. Questo è chiaro.

Non da ultimo. Quale il ruolo delle Chiese e comunità religiose per la costruzione dell’Europa di domani?
L’Unione europea è una comunità di valori, ampiamente basata sui valori cristiani. Di fronte alle numerose sfide di oggi, credo che i cristiani fortemente impegnati siano più necessari che mai grazie al loro contributo nel continuare a costruire il progetto europeo, perché le Chiese e le comunità religiose stanno riflettendo su ciò che è giusto per la comunità nel suo insieme e perché hanno anche un punto di vista realistico su ciò che risulta fattibile. Abbiamo bisogno di una voce forte dei cristiani nella società e nella politica europee.

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