I difficili rapporti con la Repubblica di Cipro; il “rallentamento delle riforme interne”; la carente tutela della libertà di espressione, di religione e delle minoranze: nel rapporto sui progressi compiuti dai Paesi candidati all’adesione, la Commissione rileva “numerosi problemi e ritardi” per la Turchia. Ma obiezioni vengono mosse anche a Croazia, Macedonia e agli altri Stati balcanici che potrebbero essere interessati da futuri ampliamenti.
Turchia ai tempi supplementari. Il commissario all’allargamento, il finlandese Olli Rehn, ha reso note mercoledì 8 novembre a Bruxelles, le decisioni assunte in materia dall’Esecutivo. A proposito della Turchia ha affermato: “nell’opinione pubblica si ha in genere l’idea che essa si stia allontanando dall’Ue. In realtà registriamo progressi per quanto riguarda il rispetto dei criteri di Copenaghen” per l’adesione, “anche se in effetti nell’ultimo anno” le riforme “hanno proceduto con ritmo meno rapido”. La Commissione si riserva di avanzare “precise raccomandazioni prima del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, se la Turchia non avrà adempiuto ai suoi obblighi”.
In particolare l’Unione “monitorerà la piena applicazione entro il 2006 dell’estensione del protocollo doganale a Cipro”, perché “nessun progresso è stato compiuto” verso la “normalizzazione delle relazioni” con questo Stato membro. Di fatto, la Commissione non ha per ora ravvisato la necessità di interrompere i negoziati con il grande paese eurasiatico, assegnando i “tempi supplementari” al governo islamico moderato di Recep Tayyp Erdogan. Poco più di un mese per un cambiamento di rotta significativo, che dovrà essere valutato dai capi di Stato e di governo nel corso del summit invernale. Ma proprio sulla questione di Cipro, Erdogan interviene con una nota perentoria: “Il problema cipriota è un problema politico e non costituisce un obbligo rispetto al nostro processo negoziale”, che è, secondo il premier, “di natura tecnica”. Posizione, questa, subito apparsa sgradita all’Ue.
Garantire diritti e libertà di religione. Tra i richiami che la Commissione ha rivolto alla Turchia, si afferma: “Oltre che per garantire la libertà di espressione, sforzi ulteriori devono essere fatti per rafforzare la libertà di religione, i diritti delle donne e dei sindacati”. Secondo la Commissione, “la libertà di culto continua a essere generalmente rispettata”, benché non si riscontrano “progressi sulle difficoltà incontrate dalle comunità religiose non islamiche”.
Obiezioni, peraltro già sollevate in passato, sono emerse a proposito della situazione del popolo curdo e del rischio di un controllo dei militari sulla vita politica del paese. Per il commissario Rehn, “con la Turchia occorre essere equi ma risoluti. Equi per mostrare che per ogni Paese candidato c’è la possibilità di fare ingresso nell’Unione; risoluti affinché Ankara sia rigorosa nel realizzare quelle riforme che la possono avvicinare all’Europa”. Sui futuri allargamenti dei confini comunitari, Rehn ha spiegato: “È anzitutto necessario verificare la capacità di assorbimento dell’Ue. Per questo bisogna provvedere al più presto alla riforma delle nostre istituzioni”.
Negoziati, avanti con prudenza. “L’Europa ha bisogno di una Turchia stabile, democratica e prospera, in pace con i suoi vicini e decisamente avviata verso la modernizzazione e l’adozione dei valori europei. Per questo abbiamo avviato i negoziati di adesione, che potranno tuttavia avere esito positivo solo se Ankara proseguirà sulla via delle riforme e adempirà i suoi obblighi”. Il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, aggiunge il suo commento a quello fornito dal commissario all’allargamento dopo la pubblicazione del rapporto sui negoziati di adesione. Barroso guida la pattuglia di commissari favorevoli a proseguire, pur tra mille prudenze, i negoziati: l’insistenza è posta sulla necessità di non chiudere la porta in faccia ad alcun Paese europeo e al ruolo di “ponte” che Ankara può svolgere tra l’Europa e il mondo islamico. Si conferma però la consapevolezza che l’Ue debba rafforzare e rendere più efficaci le proprie istituzioni prima di aprire le proprie porte ad altre nazioni. Dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria, già fissato per il 1° gennaio prossimo, non si dovrebbero avere altri ampliamenti per alcuni anni.
Croazia e Balcani occidentali. Per quanto riguarda gli altri Stati candidati, si evidenziano situazioni differenti: “I negoziati con la Croazia sono iniziati sotto buoni auspici – afferma l’Esecutivo -. Il Paese ha adottato provvedimenti importanti onde adeguare la sua legislazione in un gran numero di settori, ma dovrà adoperarsi con impegno” per affrontare “la riforma giudiziaria, la lotta alla corruzione e la riforma economica”. Gli altri paesi dei Balcani occidentali hanno invece “compiuto progressi in base alla roadmap presentata l’anno scorso dalla Commissione. Ciascun paese va avanti al proprio ritmo”.
(10 novembre 2006)
Equi ma risoluti
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