Un’opportunità per due

INTERVISTE

Anche di fronte ai recenti attentati da parte degli autonomisti del Kurdistan, non bisogna aver paura di un eventuale ingresso della Turchia nell’Unione europea. Anzi: sarebbe un’opportunità importante sia per Ankara, sia per l’Europa stessa. Ne è convinto l’arcivescovo di Smirne, mons. Ruggero Franceschini, cappuccino italiano, dal 1993 vescovo e vicario apostolico dell’Anatolia. Prima aveva guidato la missione dei cappuccini in Turchia per 6 anni e collaborato alla ristrutturazione dei luoghi cristiani nel Sud del Paese.

Quali segni di cambiamento Lei nota oggi in Turchia?

“La società turca ha fatto in questi anni molti sforzi di modernizzazione. In particolare, poi, alcune élite economiche e industriali che sono in gran parte levantine, cioè formate da turchi figli di immigrati europei, di religione cristiana. Queste élite stanno cercando adesso di associarsi il più possibile con i turchi, facendo lievitare modi comuni di sentire e operare. Un’apertura da parte dell’Unione europea verrebbe vista come un’opportunità”.

L’Europa teme soprattutto il fondamentalismo e sottolinea che la Turchia ha ancora strada da fare per quanto riguarda i diritti umani, la libertà religiosa…

“La strada da fare non manca, considerando anche la vastità del Paese e le differenze, ad esempio, tra l’Est e l’Ovest. Però ragionando sull’ingresso nell’Ue vale di più apprezzare le possibili ricadute positive. Esiste la possibilità del fondamentalismo e la Turchia non è indenne dalle sirene dell’Iran, della Siria. Ma facendo pendere la bilancia dalla parte dell’Europa in qualche modo si aiuta Ankara a sganciarsi da queste influenze, si rinforzano i processi di tolleranza. Senza contare, poi, che un’attenzione speciale alla Turchia avrebbe riflessi positivi su una vasta area mediorientale”.

Circa la questione della libertà religiosa, fatti recenti, come l’uccisione del sacerdote italiano don Andrea Santoro, hanno acceso i riflettori sulle difficoltà dei cristiani in Turchia…

“Bisogna distinguere le cose. Partiamo dal rapporto con l’Islam. In realtà nella società turca cristiani e musulmani vanno sostanzialmente d’accordo. Anzi, la storia del Paese dimostra come in passato ci sia stata una feconda esperienza di convivenza e tolleranza. Quelli recenti sono episodi isolati. Esiste una frangia integralista ed estremista, nella quale spesso i motivi religiosi si legano a quelli politici, per destabilizzare il Paese. Ma non c’è in Turchia la caccia ai cristiani, che pure faticano a essere presenti in un contesto segnato dall’Islam. Siamo pochissimi in Turchia, circa 30mila cattolici e 100mila ortodossi, pochi protestanti. E inoltre siamo poco visibili”.

In più lo Stato laico non riconosce i cattolici latini…

“In generale, lo Stato ignora le religioni: il loro spazio è quello privato. In realtà, tutta la società è impregnata dell’Islam. I cattolici latini in teoria non esistono. Per il governo io sono soltanto il signor Franceschini e non potrei uscire di casa con segni che manifestano vistosamente la mia appartenenza religiosa. Ci sono tante restrizioni. Anche per questo, però – tornando all’Europa – crediamo che il possibile ingresso nell’Ue provocherà una discussione su questi argomenti e il riconoscimento di maggiori diritti… Intanto, però, dobbiamo essere più visibili”.

Cosa vuol dire?

“Significa impegnarci ancora di più nelle opere sociali e nelle attenzioni verso povertà dignitose che accettano volentieri aiuti discreti. Dobbiamo inserirci sempre più nel tessuto vitale della società turca, vicino alla gente e alle sue difficoltà quotidiane. Abbiamo bisogno di maggiore rappresentatività nelle sedi adeguate e soprattutto di poterci distinguere nelle opere di carità a servizio di tutti. Questo significa essere più visibili… Dobbiamo sforzarci di essere sempre più presenti, in modo discreto, con uno stile di proposta, evangelico, in una terra tra l’altro ricca di testimonianze cristiane”.

Cosa si aspetta dalla prossima visita di Benedetto XVI?

“Ci aspettiamo soprattutto un miglioramento delle già buone relazioni che esistono tra noi e i musulmani. Soprattutto ci aspettiamo che la Chiesa in sé, come piccolo gruppo di cristiani cresca nel desiderio e non nella paura, nel desiderio di farsi amica anche di coloro che sono diffidenti. La presenza del Papa sarà l’occasione, per molti turchi, di conoscere una figura paterna e piena di attenzioni verso tutti gli uomini. E con un’attenzione speciale verso i musulmani”.

Il Papa andrà anche dal patriarca greco-ortodosso di Costantinopoli. Sarà un’occasione per confermare il dialogo ecumenico?

“Sarà il momento per ribadire un’amicizia ormai consolidata; nello stesso tempo, potrà essere un’occasione per fare chiarezza su alcuni problemi anche non gravi che talvolta si mettono di traverso sulla strada dell’unità”.

(01 settembre 2006)

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