Domenica 21 maggio – Ascensione

Celebriamo la Festa dell’Ascensione: Gesù che se ne va per rimanere con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo: che vuol dire?

Gli apostoli anzitutto vanno in Galilea sul monte che Gesù aveva loro fissato: il luogo dove inizia la loro missione è il luogo dove è iniziata la loro conversione e la loro chiamata. Il luogo dell’inizio diventa il luogo del nuovo inizio. La nostra missione parte sempre dalla nostra conversione; la nostra conversione non è per noi, ma perché il Signore ci fa iniziare una continua e nuova missione.

Questa missione parte da un dubbio: “Alcuni però dubitavano. Quando lo videro lo adorarono”.

Qui non viene usato il verbo che vorrebbe dire dubitare come lo intendiamo noi, cioè non credere a una cosa che viene detta: “non so se è vero”. È invece dubitare nel senso di “non sapere che cosa fare” rispetto a una cosa che ci viene detta, perché sembra troppo grande. È questo un verbo che, infatti, significa: ondeggiare, stare spaccati su due posizioni. Perché allora loro dubitano o meglio di chi dubitano? Non dubitano del Signore, perché lo hanno visto prima, durante e dopo la Pasqua: dubitano di se stessi. Perché dubitano? Perché Gesù se ne va, e da lì inizia la missione della Chiesa. Con “Io sono con voi” inizia un altro tipo di presenza del Signore. A che cosa potremmo paragonarla?  Ad esempio: quando si va a scuola per imparare a suonare uno strumento musicale c’è un tempo che viene detto di apprendimento, in cui il maestro ti insegna le cose e poi te le fa rifare. C’è, però, poi un giorno in cui il maestro ti dice: “Vai, adesso fai tu”. In quel momento il discepolo scopre tutto quello che ha ricevuto, la bontà di tutto quello che ha ricevuto, la saggezza di chi glielo ha donato. Tutto diventa veramente suo.

È chiaro che nell’incertezza e nella povertà, non a caso si parla di 11 apostoli, si resterà sempre: la missione che Dio ci affida è sempre più grande di noi.  Noi non diventiamo autonomi, ma possiamo mostrare la potenza di un Altro, la potenza di Dio. Questo è possibile solo con lo Spirito Santo.

Senza lo Spirito Santo o dobbiamo essere continuamente tirati o facciamo tutto da soli; con lo Spirito Santo noi mostriamo Dio attraverso i nostri atti.

Noi restiamo responsabili di quella grazia che il Signore ha voluto che noi siamo, ma ciò che portiamo non è mai a misura nostra, non è più grande di noi, per questo la nostra missione è la nostra continua conversione, altrimenti non salverebbe noi e noi non salveremmo nessuno.

Vedete, allora, che la Festa dell’Ascensione ci dice, da un lato, che riceviamo tanta fiducia da parte di Dio, dall’altro che impariamo a fare cose che restano di Dio, secondo il suo ritmo.  Esse diventano nostre pur senza essere mai veramente nostre, senza mai possederle fino in fondo, per questo ci vuole lo Spirito Santo. È lo Spirito Santo che ci rende noi stessi, però alla misura di Cristo e non alla misura di noi stessi. La cosa importante è fidarci: ogni cosa resta quello che è, ma è illuminata da dentro, anche se noi siamo poveri.

Come dice la Seconda Lettura: “Vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di Lui…..al di sopra di ogni Principato e Autorità,  di ogni Potenza e Dominazione”.

La Festa dell’Ascensione è, quindi, la festa di una perdita che diventa un salto, di un distacco visibile che diventa una potenza invisibile da cui nasce, in noi, la vita stessa di Dio, la vita stessa del Risorto, che non nasce per spiegazione, ma nasce per generazione. Una Parola che entra nel cuore di una persona, che rinasce alla vita nuova e che battezza gli altri, cioè immerge gli altri, nell’amore di Dio. Insegna, anche, ad osservare, cioè a vedere, perché c’ bisogna di chi faccia vedere come si può vivere sempre da discepoli di Cristo fino alla fine del mondo.