Domenica 4 luglio

Il brano di Vangelo di questa domenica ci mette davanti all’incapacità dell’uomo di riconoscere la possibilità di cambiamento che la grazia divina può determinare nella vita degli individui. Quante volte abbiamo detto di qualcuno; “non potrà mai cambiare, è sempre stato così, lo conosco fin troppo bene, non c’è nulla da fare, non cambierà mai”. Di giudizi senza appello come questi ne pronunciamo continuamente. Anche per Gesù è avvenuta la stessa cosa, nella sua terra, le persone che lo hanno conosciuto sin da piccolo, faticano a riconoscerlo come il Messia. Alla base di questo atteggiamento c’è una vera e propria mancanza di fede. Il cambiamento personale di coloro che ci stanno accanto non dipende dal nostro giudizio ma dalla grazia di Dio. Questo processo di conversione è particolarmente visibile nella vita dei santi. I santi non sono nati tali, ma lo sono diventati e spesso e volentieri l’agiografia ci testimonia come vite mediocri e misere si sono trasformate, con la grazia di Dio, in vite virtuose per la gloria del suo santo nome. Per comprendere questa realtà abbiamo bisogno di vedere gli altri con gli occhi stessi di Dio e di lasciarci guidare dalla sua grazia. Il Vangelo ci pone davanti una tristissima realtà, quella della mancanza di fede, che ci rende ciechi e incapaci di vedere nell’altro l’opera di Dio, Il quale può trasformare anche il cuore più duro in un cuore capace di sentire e di amare come lui stesso sente e ama. L’abitudine con cui guardiamo gli altri è un grande nemico perché aumenta l’incapacità di vedere la grazia. Questa dinamica evidenziata nel Vangelo di oggi, preclude anche la possibilità di compiere miracoli da parte di Gesù, infatti, dice il testo; “non poté operare miracoli a causa della loro incredulità”, cioè a causa della loro incapacità di fidarsi della grazia e di avere fiducia in Dio che può trasformare la vita degli uomini rendendoli migliori. Avere fede significa guardare la realtà con occhi nuovi, con occhi diversi, con gli stessi occhi di Gesù. La conoscenza della fragilità e della debolezza dei nostri fratelli, soprattutto quelli a noi più vicini, non deve e non può mai essere un ostacolo a riconoscere la grazia trasformante di Dio. Egli fa ciò che vuole e con chi vuole. Oggi ci viene chiesto di partecipare con rinnovata meraviglia all’opera della redenzione che è capace, attraverso la grazia, di fare nuove tutte le cose e tutti gli uomini.