Domenica 2 gennaio – II di Natale

Il Vangelo di questa domenica ci riporta nuovamente al giorno del Natale, per mantenere vivo in noi quanto abbiamo avuto modo di contemplare nel mistero dell’Incarnazione. Nel suo prologo, l’evangelista Giovanni ci ricorda il fondamento della storia della salvezza: Gesù non è stato un rimedio di Dio al comportamento dell’uomo – come se il peccato fosse un aspetto non preventivato dal Padre e per il quale ha dovuto rimediare creando per noi il Figlio-, ma Egli era sin dall’inizio. C’è un principio, quindi, anteriore rispetto a quanto racconta il libro della Genesi intorno alla creazione del mondo, e questo è il Figlio. Presentare Gesù come principio significa che Egli non è semplicemente un ideale, una filosofia di vita da seguire per vivere sereni. Il Principio è vita che splende, è incarnazione di un volto che incontra e guarda ciascuno di noi; nello stesso tempo lo abbiamo conosciuto come Figlio, in quanto rivolto totalmente verso il Padre, costituendo così ognuno di noi come figlio. L’oscurità in cui l’uomo vive e in cui si è accesa la luce natalizia sta a indicare proprio la condizione di ogni persona che è nelle tenebre, dominata da un potere oscuro, che si alimenta di dominio sull’altro e di egoismo. Il Figlio viene non per porre l’uomo, la donna, il bambino, sotto il suo dominio, ma per diventare l’altro, per identificarsi con l’umanità che deve essere redenta. Gesù è luce poiché si consuma, diventa cioè, vita per noi affinché l’uomo, nella sua libertà, possa aderire al Padre, divenendone figlio. Tutto questo è possibile contemplarlo, racchiuso in quel corpo che Maria, con il suo sì, ha generato. Abbiamo vita guardando a Lui, fonte della vita; in Lui è racchiuso quanto Dio ha pensato per ciascuno di noi. La sua esistenza sia modello per la nostra, quanto accaduto a Gesù è il disegno di Dio per tutta l’umanità. Perciò, se quel corpo viene da noi accolto come fondamento della nostra esistenza e come alimento della nostra vita, diveniamo così, figli del Padre e luce splendente nelle tenebre, per ogni carne che è sottoposta al dominio dell’oscurità, della quale ne sperimenta la sofferenza e il dolore: “Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”. Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima. Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia” (D. Bonhoeffer).