Venerdì 1 novembre

“Ecco la generazione che cerca il tuo volto Signore”. Queste parole del Salmo 23, presenti nella liturgia, introducono l’odierna Celebrazione delle Solennità di tutti i Santi e ci consentono di capire il significato più profondo della santità. Chi sono i Santi? A questa domanda possono seguire molteplici risposte, la stessa liturgia di oggi offre almeno due definizioni della santità, una contenuta nel libro dell’Apocalisse e l’altra nella prima lettera di Giovanni, tuttavia ci lasciamo guidare dal Salmo responsoriale per la nostra riflessione di oggi sulla santità.

I Santi sono coloro che “cercano il volto del Signore”. Sono coloro che si distinguono perché “cercano”, questo cercare sottolinea che la santità non è un punto di arrivo, non viene enfatizzata la dimensione statica dell’essere, piuttosto viene sottolineata la condizione del continuo divenire, la tensione, la continua ricerca, un continuo tendere verso un “volto” cioè verso la persona di Cristo.

Il “volto” è di fatto la prima realtà che ci permette di riconoscere, di definire una persona, di entrare in relazione con lei. La teologica biblica definisce l’incontro con il “volto di Dio” la pienezza dell’esperienza umana. La santità è perciò definita dal salmo di oggi come la continua ricerca dell’incontro con il volto di Cristo. “la conoscenza della gloria divina rifulge sul volto di Cristo” 2 Cor.4,6. Il libro dell’Apocalisse risponde alla domanda su chi sono i Santi con queste parole: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello», si fa chiaramente riferimento alla partecipazione alla passione gloriosa del figlio di Dio che attraverso il suo sangue ha purificato ogni uomo e ha reso bianco il suo vestito macchiato dal peccato. La santità è attraversare la carne piagata di Cristo per uscirne purificati e redenti. Nella seconda lettura Giovanni evidenzia come la conseguenza della santità consiste nel divenire simili a lui, “noi saremo simili a lui”, ricordandoci l’insegnamento millenario dei Padri, soprattutto di Ireneo di Lione, che amava affermare; “Dio si è fatto uomo perché l’uomo potesse diventare Dio”, la chiamata dell’uomo alla santità è una chiamata alla partecipazione della vita stessa di Dio.

La teologia orientale parla a questo proposito di divinizzazione dell’uomo.

Infine il Vangelo delle beatitudini, ci offre un modello di comportamento concreto per poter vivere la santità, una chiamata a orientare il nostro cammino verso un orizzonte in cui la prospettiva che salva risponde a criteri molto diversi da quelli dettati dalla misera sapienza umana. Occorre “rallegrarsi ed esultare perché grande è la nostra ricompensa nei cieli” se sapremo “convertire” il nostro cuore alle esigenze del Vangelo e non a quelle della mondanità.